Aspettando le vostre risposte

Torino, 11 aprile 2007. Ore 5:45.

Questa settimana non volevo scrivere. Al contrario di chi legge, noi purtroppo abbiamo degli operatori che ritirano i pezzi scritti, e quando ci arrivano i vostri abbiamo il tempo di leggerli e rileggerli, di analizzarli. Io di solito cerco di immaginarmi chi mi scrive.
Noi non abbiamo un computer con cui basta spingere un tasto e tutto appare.
Noi non l’abbiamo, e abbiamo la “fortuna” di scrivere e poi di aspettare la risposta per una settimana. Quando poi arrivano e scopri che sei stato frainteso…
Non sono molti quelli che mentre scrivono pensano a chi arriverà la risposta, a che faccia avrà, quale può essere il suo viso, quanti anni può avere, cosa ha fatto per essere qui e quali sofferenze si porta dietro solo per il fatto di esserci.
E siccome ho capito che molti di voi che scrivete non sapete cosa vi spinge a farlo, ditemelo, su, rispondete, io sono qui ad aspettare le vostre risposte. Io ho tempo.
Io per avere un contatto con l’esterno devo farlo con la penna, e ho tempo una settimana per scrivere, come voi avete pochi minuti per rispondere.
Non voglio sminuire nessuno ma voglio da voi un piccolo sforzo. Quando leggete, cercate di pensare perché lo state facendo. Dovete capire che questo sito è un sito molto particolare.
Nessuno di noi ha il computer, e tanto meno può collegarsi a internet.
Noi siamo carcerati.
Pensate perché lo fate e pensate anche solo per un attimo a chi legge.

Grazie per l’attenzione. Giancarlo

Comments 13

  1. ….caro amico ti scrivo! dai non mollare con la voglia di scrivere….hai convinto anche me nel riprendere questo stupendo mezzo di dialogo! e sopratutto non dimenticare mai di offrirti il migliore dei tuoi sorrisi…una volta Ikeda disse che sua moglie sorride sempre ma non perchè sia sempre felice ma perchè sorridendo si accumula la buona fortuna! quante volte ti ho invitato a regalarti un sorriso specialmente mentre reciti? è difficile sorridere specialmente in certi momenti ma è una grande offerta che doniamo alla nostra vita! hai idea di quantii muscoli si impegnano in un sorriso?….A PRESTO ….ti abbraccio e sorrido

  2. Mi spiace, Giancarlo, che il nostro ultimo “scambio” di lettere sia stato così burrascoso. Ho pensato e ripensato a tutto quello che ci siamo scritti e mi è dispiaciuto molto. Non avevo alcuna intenzione di scatenare una guerra, nè di essere stronza con te, nè di fraintenderti ed essere a mia volta fraintesa. L’ultima mia lettera è stata, rileggendola, molto dura, forse troppo. Ci ero rimasta molto male per quello che avevi scritto per due motivi: seguo il blog, lo leggo costantemente, mi interessa quello che fate e che vi danno la possibilità di fare e non penso di essere una spara-sentenze nella maggior parte dei casi. Mi sembrava di averti dimostrato il mio interesse ai tuoi pensieri e di averti fatto capire che mi piaceva dialogare, seppur a volte un po’ polemicamente (ricordi le nostre prime lettere?), con te e ci sono rimasta male quando mi hai “rimproverato” di mancanza di sensibilità e mi hai detto che non avevo il diritto di dare giudizi e che mi dovrei fermare a pensare prima di scrivere.
    Tutto il casino è sorto quando io ho scritto un commento molto entusiasta ad una lettera di Rodolfo, senza pensare – lo ammetto – che sarebbe potuto essere frainteso da altri lettori-scrittori, come te. A Rodolfo avevo espresso un mio apprezzamento per la semplciità e la verità di quello che aveva scritto, non volevo (mai e poi mai) rigirare il tutto come un giudizio stroncante su quello che avevano scritto altri, come te per esempio.
    Ti chiedo scusa per non avere pensato alle indirette conseguenze del mio commento scritto a Rodolfo, ma credo di essere stata “rimproverata” un po’ troppo severamente…
    A presto,
    Gio

  3. Giancarlo, ho trovato il tuo accorato appello. Comprendi ora perché in questo contenitore preferisco soltanto leggere?
    So che cosa significhi attendere posta e l’euforia che dà il riceverla (Esisti! Altri ti considerano!). Quando poi ci trovi un significato leggi e rileggi sino allo sfinimento, le parole dell’altro diventano “la nostra carne” e le mandiamo a memoria, le trasformiamo in persone. Il più delle volte è il nostro folle bisogno di entrare in relazione con gli altri a renderci inconsapevoli autori di drammaturgie delle quali scriviamo noi stessi le battute che affidiamo ad intenzioni e a passioni che a questi altri sono estranee.
    Chi è, infatti, l’altro? E perché mai ci scrive? E’ capace di immaginare la nostra situazione? La condizione di chi è detenuto non ha corrispondenza in nessun’altra condizione della vita, neppure in quella che si consuma nella cella adiacente alla nostra, o nella medesima sezione o in quella al piano superiore, né in uno qualsiasi degli altri blocchi. e in nessun altro carcere sulla faccia della terra. In breve, di che cosa è consapevole chi scrive ad un ristretto? Del sollievo momentaneo che gli procura nel farlo sentire un interlocutore interessante, simpatico, intelligente? Chi lo sa… e, comunque è qualcosa da tenere in cosiderazione…
    Nelle relazioni con gli altri so che siamo tutti moralmente responsabili, so che ogni relazione è un’assunzione automatica di responsabilità. Non può essere altrimenti. Non per nulla il fallimento di relazioni non costruite sulla base del comune statuto umano, in cui cioè manchi il riconoscimento reciproco e contemporaneo della soggettività dell’altro, genera una serie infinita e infinitamente modulata di patologie che ci affliggono per tutta l’esistenza e dalle quali nessuno è esente. Per sentirsi “persona” bisogna sentirlo insieme, imprescindibilmente gli uni dagli altri. Compito non da poco.
    Chiunque, con un po’ di grammatica, di vivacità, di tempo e di gentilezza d’animo può “inviare un commento”, ma non credo che colmi il bisogno. A me, e in particolare se fossi ristretta, non sarebbe sufficiente, potrei accontentarmi, ma vorrei altro e di più, sempre di più. Ma forse sono io fuori strada, e questo è solo il mio punto di vista, sarò matta da legare.
    Nel messaggio di ringraziamento al tuo augurio pasquale ho scritto che quel che leggo dentro questo carteggio corale non mi piace perché non mi sembra sincero. Per le ragioni appena esposte e per essere questo scambio, appunto, pubblico, controllato, quando si propone come veicolo di un dire e di un sentire intimissimi che equivalgono ad un toccare e sentirsi toccati dall’altro, ad un abbandono che suona “Ti aspettavo da tanto tempo” e di rimando “Ora ci sono , non vado più via”.
    Credo che questo sentire venga chiamato empatia e prescinda dall’età, dal genere, dalle situazioni personali. In sua assenza si deraglia, chi più chi meno e secondo variabili riconducibili al caso, alla necessità. L’espressione di tale dimensione o, piuttosto, abilità umana che dovrebb’essere spontanea e gratuita ha purtroppo un costo altissimo nella rete sociale che ci serra poiché comporta un rovesciamento di prospettiva che disturba e sovverte o viceversa “l’ordine banale, il pedantesco senso del dovere, la noiosa regolarità dell’esistenza” come benissimo scrive Gonciarov alludendo alla passiva e rassicurante ripetitività di comportamenti che garantiscono un po’ di sicurezza, a scapito del rischio delle emozioni e delle sfide, delle avventure dello spirito. Ma la vita non è qui, è in un “altrove”, foss’anche un frammento, un segmento di vertigine, un fiato appena udibile e subito spento.
    Mettersi in gioco è, se ho capito, quello che tu forse chiedi al fuori e che il fuori non ha forse il coraggio di affrontare. E ora che glielo hai domandato, aspettiamo le risposte!
    Non siamo eroi, malgrado qualche sussulto, riusciamo a trovare sopportabile quasi tutto, preferiamo sempre più spesso le anestesie ai sentimenti fino a scambiare per vivere la viltà rassegnata e persino le nostre quiete disperazioni.
    Ciao, caro Giancarlo, spero di non averti annoiato.
    Ross

  4. Ciao Giancarlo, difficile aggiungere ancora qualcosa a ciò che dice Ross, sono daccordo con lei. Ma per risponderti dovrei qui dilungarmi su ragioni molto personali, che non riesco a spiegare in questo dialogo comunitario. Magari più avanti. Caspita però mi metti prorprio alle strette. Forse posso ancora dire questo, e spero che tu percepisca la mia vicinanza a te e agli altri: la libertà è sacra.
    Un caro saluto
    Erika

  5. Mentre leggo e rileggo anch’io i vecchi e i nuovi post continuo a cercare il pensiero che possa in qualche modo o in qualche misura darti un cenno di risposta. Non so, mi pare.. Avendovi conosciuto, anche se per una brevissima settimana, avendo curiosamente osservato i vostri occhi, ciò che sento quando scrivo su questo blog è:
    1. sfidare le barriere fisiche..i muri..le grate..le tangenziali
    2. non vi penso così diversi da me, siamo uomini tutti e condividere il patimento ci fa sentire meno soli. Io, ahimé soffro di solitudine pur vivendo nel mondo.
    3. quindi EMPATIA
    4. conoscere, mi domando cosa può deviare il cammino di un uomo a tal punto da diventare ristretto
    Continuo a pensarci..

  6. Difficilissimo rispondere alla tua domanda. Implica una non comune capacità di scarnificazione.

    Ti rispondo allora, con una provocazione: e se scrivessimo ad un carcerato, anche per evadere dai nostri carceri?

  7. Ciao..in realtà è stato qualcuno di voi a scrivermi per primo, per qs ho consciuto qs blog…e penso che son stata fortunata ad essere contattata..quando lo racconto a qualcuno, cioè l’esperienza del blog per quelli “che son dentro”, mi guarda strana…io invece mi sento orgogliosa…l’unica cosa è che nn posso scrivere spesso xkè nn ho internet disponibile, diciamo che vado a scrocco.Poi penso a voi, chi cosa perchè, ma naturalmente ognuno può farsi un idea e quelle viaggiano…nella mia esperienza di nicchia del blog che ho da 4 anni posso dire che la maggior parte di chi non mi conosce direttamente, il più delle volte mi fraintende…all’inizio mi scoraggiava, ora capito il meccanismo,son più serena!ciao Margy

  8. ciao ,su indicazione di un amico ho visitato il vostro blog, davvero interessante e comunicativo, continuate così che è fortissimo,è anche un modo per rimanere a contatto con l’esterno,con la realtà, lo dico da persona che ha scontato 15 anni in gabbia e che non ha avuto mai una possibilità come questa. credo che tu non debba delle scuse a nessuno, siamo noi da qui fuori che dobbiamo in tutti modi cercare di capire i momenti no di chi non ha altro modo di esprimersi se non una penna,un foglio e tanta tanta voglia di scrivere. non ti preoccupare caro amico,ti capisco credo come altri non riescono, proprio per via del mio vissuto. vi ammiro e spero che il blog evolva,so che non dipende da voi ma ci tengo a fare un accorato appello a chi è responsabile di “collegarvi” CON L’ESTERNO, perchè cerchino in tutti i modi di aprire le porte delle carceri all’esterno, ai volontari,a chi in qualsiasi modo cerchi di portare una ventata d’aria fresca all’interno di quelle celle,all’interno di quei corridoi che sanno di chiuso,di chiuso e basta. da parte di chi è responsabile non vogliamo solo belle parole,vogliamo fatti concreti che aiutino realmente chi è rinchiuso a reintegrarsi nella società nel miglior modo possibile. basta con quella burocrazia che impedisce anche di fare entrare tramite i colloqui un paio di bistecche cucinate a casa dai propri cari, per noi quelle due bistecche rappresentano un modo per sentirci in famiglia,perchè togliercele . in tanti anni di dura carcerazione ho portato avanti tante battaglie,alcune finite a buon fine,altre concluse con lo sballamento in altri istituti,però la dignità non sono mai riusciti a togliermela,quella mai. amici cari mi auguro che finisca quanto prima anche per voi, nel frattempo che siete li usate il tempo a disposizione che avete ,per far si di migliorare quel sistema che noi tutti conosciamo, un megasalutone a tutti voi, dikko64 bologna.

  9. E’ toccante quello che scrivi Giancarlo.. e hai perfettamente ragione.. io faccio volontariato in carcere, all’inizio è stata dura perchè non è facile rendersi conto che tutto ciò che “fuori” è normale “dentro” non esiste o, se esiste, è limitato nella quantità e nel tempo.. ovviamente avendo la possibilità (e, per me, il privilegio) di entrare si ha anche la possibilità di vedere e di “toccare con mano” certe situazioni.. ed è difficile lo stesso perchè, almeno per quanto riguarda me.. mi è capitato di sentire più di una volta la sofferenza e l’impotenza che aleggia tra quelle mura.. di sentirla nello stomaco!! una volta mi è capitato di sapere che un ragazzo che ho seguito per tanto tempo e uscito con l’indulto non ce l’ha fatta, una volta fuori, a venir fuori dallo schifo che lo circondava.. e lì è stato doloroso.. sono stata male.. forse avrei potuto fare di più, ma una volta fuori “le forze” che aveva attorno erano troppo più grandi di lui e.. di me!!
    Non è semplice capire per chi è fuori.. non è semplice capire quanto le emozioni “dentro” siano infinitamente più forti, è come se rimbalzassero tra quelle “4 mura”.. quanto la semplice quotidianità diventi difficile.. come niente sia scontato!!
    Non è semplice..
    Chiara

  10. Giancarlo chiede per quale motivo viene voglia di rispondere alle sue domande, ai suoi interrogativi, perchè prendere una tastiera e pigiarci sopra magari a vanvera … una delle risposte che Giancarlo intuisce è vera, ha ragione c’è anche quello … ma non è tutto … c’è anche altro che però non può essere descritto facilmente con le parole, ci vorrebbero uno sguardo e un sorriso e forse ci si spegherebbe meglio, senza parole. Io non sono tanto bravo a scrivere, mi ci vuole tampo, poi ritorno sopra il pezzo e mi viene voglia di buttarlo via e lasciar perdere. Insomma una fatica ogni paginetta. Perciò scusate se uso le parole di un poeta, John Donne (1572-1631) per esprimere i miei sentimenti di adesso, in questo momento, di fronte a tutti, non solo a Giancarlo, a me e a voi. Ci siamo tutti dentro questo enorme abbraccio.

    Enzo

    Nessun uomo è un’isola, intera per se stessa; ogni uomo è un pezzo del continente, parte della Terra intera; e se una sola zolla vien portata via dall’onda del mare, qualcosa all’Europa viene a mancare, come se un promontorio fosse stato al suo posto, o la casa di un uomo, di un amico o la tua stessa casa. Ogni morte di uomo mi diminuisce perché io son parte vivente del genere umano. E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: essa suona per te

  11. io sono carcerato.io sono carcerato…….mi gira la tua frase nella testa ed il tuo sfogo mi ha colpito.E spintonato
    Giancarlo, io sono carcerata.
    imprigionata da una spinta distruttiva che a volte attanaglia.imprigionata da una fitta rete di sensi di colpa che a volte mi soffocano.
    Ferma, impossibilitata al movimento perchè una serie di doveri, e oneri, nn mi fanno muovere.Carcerata.
    A volte passo giornate ad evitare sguardi, a scappare dai più piccoli contatti umani.A sperare di arrivare alla sera senza essermi fatta troppo del male.
    .Incarcerata.e vorrei solo avere la tua voglia di evadere.
    scusami
    ti abbraccio

  12. Ciao a tutti io mi chiamo Fabio Conte e sono un ragazzo di 16 anni,io vorrei scambiare due chiacchiere con un detenuto……di qualsiasi caso e stato processato..perchè mi piacerebbe parlarci… e vorrei vedere quello che prova stando li dentro…e comunque spero che mi risponderete….io lo spero…

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