Ringrazio tutte le persone con cui continuo ad avere un contatto su questo blog…
Oggi vi voglio raccontare di Ciccio…Chi è Ciccio? Ciccio à il gatto che tengo e curo in cella.
Era di un mio carissimo amico, anzi un fratello, che al momento non sento, ma solo per impegni che vanno in direzioni opposte e del resto nutro per lui tutto il rispetto del mondo poiché mi ha introdotto al buddismo; erano qui alle Vallette gli albori di questa nascita e grazie a sua sorella Assunta è cominciato tutto, ora con la collaborazione di Francesco tutto è reale e il Buddismo che
Elio ha tramandato è parte integrante di molti…
Ma parliamo di Ciccio, il gatto che parla solo guardandoti; di notte mi confido con lui, gioco e rido, forse non ci crederete ma quando è interessato mi fissa con attenzione e poi si struscia, quando non gli importa prende a pulirsi con fare distaccato. Si trova qui da tre anni ma ora ho uno slogan: “Ciccio libero”, con la mia compagna sono riuscito a farlo uscire da queste mura, il 26 Ciccio vedrà per la prima volta la libertà, anche se in me resterà un vuoto incolmabile… Ma sono contento, e lui e il passo che apre l’augurio dell’anno nuovo a me ed alla mia compagna. Ci ritroveremo poi a breve, fuori, con Ciccio…
Ciccio è un bel gattone bianconero ed è pure juventino…
Se interessa vi racconterò di più su Ciccio, il gatto che guardava fuori dalle sbarre e si chiedeva cosa fosse quel posto là fuori mentre io lo istruivo sulla vita…
Ringrazio tutti voi, Stella,Carla, Tiziana e ringrazio D. per i suoi scritti che trovo a dir poco splendidi, vorrei dirti la mia ma non ho tutto questo spazio…
Pierrot
(1. Continua…)
Comments 4
Buongiorno Pierrot,
La storia del gatto Ciccio sembra una favola!
Chissà come sentirà la mancanza dei tuoi discorsi quando riacquisterà la libertà…
Mi piacerebbe conoscere la tua opinione sui discorsi di cui parli…
Intanto ti metto al corrente di questo articolo di Marco Travaglio, un uomo che non ha peli sulla lingua e che parla di fatti che tutti tendono a negare
Buona lettura
PROVIAMO A LEGGERE TUTTO QUANTO SCRIVE MARCO TRAVAGLIO,
UNO DEI POCHI GIORNALISTI SERI RIMASTI IN ITALIA.
“Siamo tutti costernati e affranti per quanto sta accadendo al
cosiddetto
ministro della Giustizia Clemente Mastella e alla sua numerosa
famiglia,
nonché al suo partito, che poi è la stessa cosa. Costernati, affranti,
ma
soprattutto increduli per la terribile sorte che sta toccando a tante
brave
persone. Infatti, oltre alla signora Sandra, presidente del Consiglio
regionale della Campania, sono finiti agli arresti il consuocero Carlo
Camilleri, già segretario provinciale Udeur; gli assessori regionali
campani
dell’Udeur Luigi Nocera (Ambiente) e Andrea Abbamonte (Personale); il
sindaco di Benevento dell’Udeur, Fausto Pepe, e il capogruppo Udeur
alla
Regione, Fernando Errico, e il consigliere regionale dell’Udeur Nicola
Ferraro e altri venti amministratori dell’Udeur. In pratica, hanno
arrestato
l’Udeur (un mese fa era finito ai domiciliari l’unico sottosegretario
dell’Udeur,
Marco Verzaschi, per lo scandalo delle Asl a Roma, mentre un
altro consigliere regionale campano, Angelo Brancaccio, era finito in
galera prima dell’estate quando era ancora nei Ds, ma appena uscito di
galera era entrato nell’Udeur per meriti penali). Mastella, ancora a
piede
libero, è indagato a Catanzaro nell’inchiesta “Why Not” avviata da
Luigi De
Magistris e avocata dal procuratore generale non appena aveva
raggiunto
Mastella, che intanto non solo non si era dimesso, ma aveva chiesto al
Csm
di levargli dai piedi De Magistris. S’è dimesso invece oggi, Mastella,
ma
per qualche minuto appena: poi Prodi gli ha respinto le dimissioni,
lasciandolo al suo posto che – pare incredibile – ma è sempre quello
di
MINISTRO DELLA GIUSTIZIA. La sua signora, invece, non s’è dimessa (a
Napoli,
di questi tempi, c’è perfino il rischio che le dimissioni di un
politico
vengano accolte): dunque, par di capire, dirigerà il Consiglio
regionale dai
domiciliari, cioè dal salotto della villa di Ceppaloni.
Al momento nessuno sa nulla delle accuse che vengono mosse a lei e
agli
altri 29 arrestati. Ma l’intero Parlamento – con l’eccezione, mi pare,
di Di
Pietro e dei Comunisti Italiani – s’è stretto intorno al suo uomo più
rappresentativo, tributandogli applausi scroscianti e standing ovation
mentre insultava i giudici con parole eversive, che sarebbero parse
eccessive anche a Craxi, ma non a Berlusconi: insomma la casta (sempre
più
simile a una cosca) ha già deciso che le accuse – che nessuno conosce
– sono
infondate e gli arrestati sono tutti innocenti. A prescindere. Un
golpetto
bianco, anzi nero, nerissimo, in diretta tv.
Nessuno, tranne Alfredo Mantovano di An, s’è domandato come facesse il
ministro della Giustizia a sapere che sua moglie sarebbe stata
arrestata e a
presentarsi a metà mattina alla Camera con un bel discorso scritto,
con
tanto di citazioni di Fedro: insomma, com’è che gli arresti vengono
annunciati ore prima di essere eseguiti? E perché gli arrestandi non
sono
stati prelevati all’alba, per evitare il rischio che qualcuno si desse
alla
fuga? Anche stavolta, la fuga di notizie è servita agli indagati, non
ai
magistrati. E, naturalmente, al cosiddetto ministro.
Il vicepresidente del Csm Nicola Mancino, anziché aprire una pratica a
tutela dei giudici aggrediti dal ministro, ha subito assicurato
“solidarietà
umana” al ministro e ai suoi cari (dobbiamo prepararci al
trasferimento dei
procuratori e del gip di Santa Maria Capua Vetere, sulla scia di
quanto sta
accadendo per De Magistris e Forleo?). Il senatore ambidestro Lamberto
Dini
ha colto l’occasione per denunciare un “fatto sconvolgente: i
magistrati se
la prendono con le nostre mogli” (la sua, Donatella, avendo fatto
fallimento
con certe sue società, è stata addirittura condannata a 2 anni e mezzo
per
bancarotta fraudolenta, pena interamente indultata grazie anche a
Mastella).
Insomma, è l’ennesimo attacco ai valori della famiglia tradizionale
fondata
sul matrimonio: dopo l’immunità parlamentare, occorre una bella
immunità
parentale. Come fa osservare la signora Sandra Lonardo in Mastella dai
domiciliari, “questo è l’amaro prezzo che, insieme a
mio marito, stiamo pagando per la difesa dei valori cattolici in
politica,
dei principi di moderazione e tolleranza contro ogni fanatismo ed
estremismo”. Che aspettano a invitarli a parlare alla Sapienza?.”
Marco
Travaglio
Anche se molto lungo, questo articolo merita di essere letto.
“Coloro la cui vita rappresenta l’inferno della Società Opulenta sono tenuti a bada con una brutalità che fa rivivere pratiche in atto nel medioevo e all’inizio dell’età moderna. Per gli altri, meno sottoprivilegiati, la società prende cura del bisogno di liberazione soddisfacendo i bisogni che rendono la servitù ben accetta e fors’anche inosservata …”
Hebert Marcuse, da “L’uomo ad una dimensione”
Comitato Verità e Giustizia per la morte del signor Giuseppe Casu
Giovedì 15 Giugno 2006 in piazza IV Novembre a Quartu il signor Giuseppe Casu, accanto alla sua ape parcheggiata, come ogni giorno vendeva un poco della frutta e verdura contenuta nel cassone.
Nulla di notevole sino a quel momento in una giornata che sembra tranquilla. Poi, in tarda mattinata, il dramma. Tutto avviene molto rapidamente, intervengono i carabinieri con le guardie municipali, spunta fuori anche un’ambulanza. Gli agenti lo afferrano con la forza, di fronte a tutti, lo sbattono a terra, lo immobilizzano. Giuseppe Casu viene caricato, ammanettato, alla barella e portato via. È in atto un ricovero coatto in psichiatria.
“Sgombero Forzato: se ne va anche l’ultimo ambulante” titola trionfalmente l’Unione Sarda il giorno dopo, in un pezzo chiaramente ispirato dalla giunta comunale. È falso, Giuseppe Casu non è l’ultimo ambulante, ma è forse il più vulnerabile e viene colpito in maniera esemplare per ottenere il risultato di sgomberare finalmente la piazza dagli abusivi. Perché altrimenti tanta forza e tanta violenza è stata impiegata contro un individuo intento in una attività così pacifica?
Per completare il quadro di questa vicenda occorre fare qualche passo indietro.
Il fatto è che da qualche tempo la giunta comunale di Quartu ha intrapreso un’energica azione contro i venditori ambulanti privi di licenza, per il ripristino della “legalità”, dunque anche i venditori di piazza IV Novembre erano da tempo nel mirino della giunta.
Nell’ambito di questa “guerra agli ambulanti” però le guardie municipali di Quartu, per ragioni che andrebbero chiarite, si sono accanite, in maniera assurda e ingiustificabile, quasi esclusivamente contro il signor Giuseppe Casu. Questo accanimento selettivo viene ammesso anche dal vicesindaco di Quartu, Tonio Lai, che nel dibattito in giunta del 6 Settembre 2006 dice: “Siamo a conoscenza di un fatto certo, che la polizia municipale ha emesso numerosi verbali a carico del cittadino, signor Giuseppe Casu. Ne ha emesso soprattutto a partire da Maggio 2005, tantissimi …”. A questa persecuzione il signor Giuseppe Casu, benché preoccupato, ha reagito pagando le multe e continuando ad andare in piazza IV Novembre per vendere.
Ma torniamo al giorno prima dell’agguato, il 14 Giugno 2006. I vigili si presentano dal signor Casu. Come sempre gli elevano una contravvenzione, ma questa volta il verbale raggiunge la cifra stratosferica di 5000 euro per la vendita senza licenza di frutta e verdura in strada. Una cifra che, questa volta, il signor Giuseppe Casu non farà a tempo a pagare.
Evidentemente nelle stanze dell’amministrazione comunale qualcuno proprio non sopportava l’ostinazione del signor Casu. Pensando ai drammatici fatti dei giorni successivi l’imposizione di questa multa sproporzionata assume l’aspetto sinistro di un avvertimento e di una provocazione.
I medici psichiatri, che si son presi l’incarico di risolvere il problema dell’ultimo ambulante resistente di Quartu, sono stati dunque anche responsabili del destino del signor Giuseppe Casu, dalla mattina 15 Giugno sino alla sua morte. A pensarci è una ben strana cosa, visto che formalmente sono dei medici e, in teoria, il loro compito sarebbe quello di curare la gente e non quello di togliere le castagne dal fuoco al comune in lite con gli ambulanti.
Il ricovero coatto (Trattamento Sanitario Obbligatorio o TSO) viene giustificato da uno stato di agitazione psicomotoria: il signor Casu dava in escandescenze. Ma il semplice buonsenso ci dice che questo poteva essere casomai inteso come un segno di salute mentale. Vorrei sapere infatti chi di noi non darebbe in escandescenze dopo che, coloro che il giorno prima ti hanno messo 5000 euro di multa, si presentano, ti intimano di andartene, e, al tuo rifiuto, ti mettono altri 5000 euro di multa, poi ti saltano addosso e ti immobilizzano…
Cerchiamo di capire cosa hanno fatto davvero questi “medici” per la salute del signor Giuseppe Casu, all’interno del reparto di psichiatria dell’ospedale di Is Mirrionis a Cagliari, nella settimana in cui il paziente è riuscito a sopravvivere ai loro trattamenti.
Qualcuno si è preoccupato delle ferite che il signor Giuseppe Casu aveva subito durante le aggressioni di cui era stato vittima? Qualcuno si è preoccupato di quella mano gonfia? Della presenza di sangue nelle urine? O piuttosto la loro unica preoccupazione è stata quella di iniettargli un potente sedativo che spegnesse il suo cervello per qualche giorno, di legarlo al letto, di metterlo in condizioni di non rompere le scatole?
I familiari del signor Giuseppe Casu, quando vanno a visitarlo, lo trovano sempre legato al letto, sedato, col panno e privo di coscienza. Nei momenti in cui riprende coscienza chiede di essere slegato. Gli stessi familiari segnalano l’evidente gonfiore ed il colore violaceo della mano destra, ma nessuno si preoccupa del suo stato di salute.
Dopo una settimana il signor Giuseppe Casu muore, all’improvviso, sempre legato a quel letto da cui nessuno lo ha ancora liberato. Aveva 60 anni e non soffriva di nessuna malattia che lo potesse portare ad una fine così rapida ed improvvisa.
Anche dalla relazione della commissione d’inchiesta della ASL, istituita in seguito ad una denuncia dell’ASARP, risulta che il signor Casu è stato vittima di un ‘trattamento inaccettabile’: nel reparto di psichiatria lo hanno sedato e immobilizzato, legandolo al letto mani e piedi per sette giorni, dal suo arrivo al momento della sua morte e non gli hanno fatto nessun esame per verificare il suo stato di salute. Nonostante le gravi responsabilità accertate la ASL si rifiuta però di prendere qualsiasi provvedimento.
Per noi la morte del signor Casu è la diretta conseguenza di una politica precisa, della prassi violenta delle “forze dell’ordine” e del trattamento pseudo-medico che gli è stato riservato. Lo hanno ammazzato loro.
Morti come queste, di solito, sono presto dimenticate. Per la magistratura e gli investigatori non sono certo casi degni di interesse. Familiari ed amici, quando vogliono insistere per accertare la verità e le responsabilità, incontrano difficoltà di ogni tipo. Il più delle volte la gente finisce per rassegnarsi e lasciar perdere. Questo le guardie e gli psichiatri lo sanno bene, anche su questo contano per garantirsi l’impunità. Le loro vittime sono destinate a essere sepolte in fretta e dimenticate.
Questo sarebbe stato anche il destino del signor Giuseppe Casu, se non fosse stato per l’insistenza della sua famiglia che non si è rassegnata all’esito della frettolosa autopsia effettuata dai medici dello stesso ospedale il giorno dopo il decesso, e sta cercando di far riaprire il caso.
Diverse procedure amministrative e giudiziarie sono attualmente in corso, ma, come spesso accade, queste rischiano semplicemente di fare da anticamera all’oblio.
Per questo è assolutamente necessario che l’attenzione su questo terribile caso non venga meno nei prossimi tempi, non deve essere liquidato come normalità della vita di ogni giorno.
L’orrore della vicenda, suo malgrado esemplare, del signor Giuseppe Casu non può scivolare via dalla memoria. Verità e giustizia sono dovute a lui e a noi. Non dimentichiamolo, né dimentichiamo che verità e giustizia reali non coincidono con la versione ufficiale dei fatti.
Le ragioni del comitato.
Il comitato si propone di compiere ogni sforzo perché la terribile vicenda che ha portato alla morte del signor Giuseppe Casu non sia dimenticata ed insabbiata, ma, al contrario, perché possa emergere la verità e sia fatta giustizia. In questo vogliamo collaborare ed appoggiare sia la famiglia della vittima, sia tutti coloro che condividono con noi questo scopo.
Ci spinge a questo un naturale senso della solidarietà umana e della giustizia e un altrettanto spontaneo disgusto per lo spettacolo della violenza inflitta dai forti contro i deboli, dalle “istituzioni” contro i singoli, dai “pubblici ufficiali” contro i semplici cittadini. Ma le nostre motivazioni non si esauriscono qui.
Siamo infatti convinti che quanto accaduto al signor Giuseppe Casu non sia affatto un episodio isolato ed assolutamente eccezionale. Al contrario, pensiamo che si tratti di un caso in qualche modo esemplare.
Vi sono fasce della popolazione definite “marginali” che vengono costantemente sottoposte a forme di violenza brutale e frequentemente ne restano vittime. Parliamo di coloro che il potere definisce di volta in volta “pazzi”, “drogati”, “clandestini”, “vagabondi”, etc. . Di questi ferimenti, di queste morti, raramente si viene a sapere, difficilmente si sente parlare e mai viene fatta giustizia. Sono morti che vengono dimenticate in fretta.
Anche la morte del signor Giuseppe Casu viene già fatta passare per un errore, per un caso di “mala-sanità”, si parla di tragica fatalità, di un caso sfortunato, eccezionale, imprevedibile. Non è vero. La morte del signor Giuseppe Casu è invece la logica conseguenza, l’esito naturale, di una politica ben precisa. Oramai le politiche “securtarie” e “legalitarie” sono tanto di moda tra le amministrazioni pubbliche di destra e di “sinistra” (il comune di Bologna primo tra tutti), che anche Quartu Sant’Elena, un comune del meridione più povero e afflitto da problemi sociali, ha deciso di adottarle. Politiche che hanno un punto fermo, una costante: quella di mettere un astratto concetto di “legalità” avanti a tutto, e soprattutto avanti alle più elementari esigenze di giustizia sociale e di solidarietà umana. Così nascono tutte le varie “guerre” che le amministrazioni dichiarano contro settori di popolazione poveri e marginali. Il comune di Quartu, ad esempio, aveva già intrapreso la sua contro gli ambulanti, ed è di questi giorni la massiccia operazione di militarizzazione del territorio a Cagliari, con intere piazze assediate da polizia e carabinieri, centinaia di persone identificate,una cinquantina di schedature, denunce, fogli di via voluti dal prefetto Orrù e dal sindaco Floris, con la stampa ad agitare lo spettro di un improbabile quanto ridicolo “terrore” suscitato da punkabbestia ed ambulanti abusivi nel centro storico cittadino. Si dichiara guerra ai drogati, ai clandestini, agli imbrattatori, etc. . E che si tratti di guerre reali e non metaforiche, condotte con lo spirito ed i metodi della guerra, ce lo dicono le vittime che queste piccole guerre interne seminano nelle nostre strade.
Ne ricordiamo alcune:
– Federico Aldrovandi, viene pestato e soffocato in strada dalla polizia la notte del 25 Settembre 2005. Lo avevano preso per un “drogato” che stava in strada a far casino. Aveva 18 anni. Molti mesi dopo, grazie all’insistenza della madre si apre un’inchiesta della magistratura, è in corso un processo.
– Stefano Cabiddu, muratore di Samassi emigrato a Crema, assassinato da un carabiniere con un colpo di pistola il 20 Luglio 2003 nel parco di un centro commerciale a Roccadelle dove era andato per incontrarsi coi suoi fratelli, anche loro emigrati. Aveva 23 anni. Il carabiniere, a caccia di “spacciatori”, si giustifica prima dicendo che i tre sardi avevano un fare “sospetto”, poi ricorre alla classica risorsa del caramba dal grilletto facile: dirà di aver inciampato e che gli è partito un colpo. Un anno dopo il PM lo assolve e archivia l’inchiesta senza nemmeno un processo.
– Raigama Achrige Rumesh Ku, 19 anni, residente a Como, famiglia originaria dello Sri Lanka. Il 29 Marzo 2006 un vigile della squadra speciale “anti-graffittari” organizzata dal comune gli ha sparato in testa a freddo, trapassandogli il cranio dalla nuca alla fronte. Miracolosamente è sopravissuto, il vigile ha “chiesto scusa”, l’inchiesta è in corso.
– Mario Castellano, napoletano, 17 anni. Il 20 Luglio del 2000 era in motorino senza casco, una pattuglia della polizia gli ordina di fermarsi, lui non lo fa, un agente gli spara alla schiena e lo uccide. Grazie alla testimonianza di un driver del vicino ippodromo l’agente viene condannato in primo grado a 10 anni per omicidio volontario. L’agente è stato poi assolto in appello perché “il fatto non sussiste” (anche a lui “è partito un colpo”).
E si potrebbe continuare a lungo, ma comunque l’elenco sarebbe comunque troppo breve. Sappiamo che sono pochissimi i casi di cui veniamo a conoscenza e che vengono documentati, rispetto a quelli che realmente avvengono. Anche quei pochi poi rimangono per lo più relegati tra le notizie marginali della stampa locale.
Scorrendo l’elenco delle vittime di queste assurde guerre interne c’é una costante che impressiona, é lo stato di assoluta impunità nel quale agiscono le cosiddette “forze dell’ordine”. Qualunque abuso compiano non si trova giudice che alla fine non li copra, sino all’omicidio.
Questo è evidentemente uno dei motivi principali per cui, in casi come questi, è così difficile stabilire un minimo di verità e di giustizia.
La realtà è che queste “guerre”, dichiarate nel nome della “legalità” contro i soggetti marginali della società, condotte con metodi estremamente arroganti brutali e violenti, rappresentano di fatto un grave pericolo per i cittadini.
Il paradosso di questo mondo alla rovescia è che questa barbarie viene spacciata per una politica ispirata alle esigenze della “sicurezza”. Sicurezza per chi? viene da chiedersi.
A questo interrogativo ha dato una esemplare risposta l’assessore alle politiche sociali del comune di Quartu, che, chiamato a rispondere della sua politica di guerra all’abusivismo, costata la vita al signor Giuseppe Casu, spiega candidamente – La gente si lamenta, non si trovano parcheggi, i bottegai che vendono la verdura in negozio si lamentano della concorrenza… –
Ah legalità bottegaia, quanti delitti si commettono in tuo nome !
Cosa dire infine della psichiatria? Cosa dire di questa pratica che pretende ancora di essere considerata una scienza medica ma che si presta ad essere utilizzata come uno strumento della repressione più brutale?
La pretesa della psichiatria è quella di curare la “mente” e non il corpo, ma si sa, la mente è un’entità evanescente e difficile da individuare, e questo consente alla psichiatria di prendersi una serie di libertà e commettere i più gravi abusi sui corpi dei suoi “pazienti”.
La storia della psichiatria è una storia tragica e criminale, nel passato ha ammesso come metodi di “cura” pratiche quali le mutilazioni cerebrali (lobotomia), lo shock insulinico (stato di coma indotto da iniezioni di insulina), la distruzione fisica e psichica dei “pazienti” mediante segregazione a vita nei manicomi, etc. . Tutte queste pratiche sono state attuate contro la volontà dei pazienti e, a loro tempo, sono state definite “innocue” ed “efficaci contro la malattia mentale”.
Oggi viviamo in tempi apparentemente più civili. I manicomi sono stati chiusi e la lobotomia non si pratica più, l’elettroshock è invece ancora una pratica diffusa, benché attivamente contestata a causa dei gravi rischi (anche di morte) che comporta.
Tuttavia la psichiatria, unica tra le discipline mediche, non ha affatto rinunciato alla pretesa di “curare” i suoi “pazienti” contro la loro volontà mediante pratiche estremamente pericolose per la salute del loro corpo, quali la somministrazione massiccia di psicofarmaci e la “contenzione” a letto. Ancora oggi chi ha l’avventura di visitare un reparto psichiatrico, quello di Is Mirrionis a Cagliari ad esempio, lo troverà popolato di uomini e donne legati ai letti e/o ridotti dai farmaci in uno stato tale da non riuscire né a parlare né a stare in piedi. Buona parte di loro è stata trascinata là dentro contro la propria volontà.
La pratica del ricovero coatto (TSO) è infatti ancora consentita dalla legge, ma, data la delicatezza della cosa, vi sono una serie di garanzie formali per il cittadino: ci deve essere la richiesta di un medico, la convalida di un altro medico e del sindaco, la vigilanza di un giudice e il provvedimento deve essere formalmente comunicato all’interessato. Si può procedere al ricovero coatto solo se ricorrono tutte queste circostanze e se l’interessato rifiuta in assoluto di curarsi (se accetta di “curarsi” può invece scegliere dove e come) e solo se non vi sono altre possibilità. Il ricorso alla violenza non è ammesso se non in caso di assoluta necessità. Queste sono le garanzie formali. La pratica è ben altra cosa … .
I Sindaci, che dovrebbero garantire i cittadini dagli abusi degli psichiatri, nel migliore dei casi si limitano a firmare le carte senza nemmeno guardarle, nel peggiore dei casi chiedono essi stessi il ricovero di persone che creano fastidi.
La pratica del ricovero coatto (TSO) è estremamente violenta, viene effettuata da molti uomini (infermieri, poliziotti, carabinieri, guardie varie) che immobilizzano la loro vittima, spesso dopo una lotta accanita, e la legano alla barella. Succede naturalmente che in questa fase il ricoverato subisca percosse e lesioni. È successo anche che la polizia, sollecitata da vicini e colleghi, abbia fatto irruzione nella casa del “paziente” sfondando la porta.
I tentativi di chi ha subito un TSO di far valere le sue ragioni, chiedendone l’annullamento, non vengono quasi mai presi in considerazione (a Cagliari, ad esempio, non ci risulta sia mai accaduto).
Una delle cose che rimane più oscura è come una pratica estremamente violenta, pericolosa, lesiva ed umiliante come il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) possa essere ancora ritenuta valida e “curativa”. Una simile violenza non può evidentemente essere di aiuto a nessuno.
Evidentemente, al di là della questione della “malattia mentale” e della sua “cura” la realtà è ben diversa, infatti, guardandoci intorno, ci accorgiamo di come la psichiatria venga usata dai responsabili “dell’ordine pubblico” come un’arma flessibile ed efficace. Tante volte chi, per una ragione o per un’altra, da fastidio, ma non incorre in comportamenti criminali dei quali la giustizia ordinaria possa farsi carico, viene sbrigativamente tolto di mezzo facendo ricorso proprio alla psichiatria.
Le categorie di questa pseudo-scienza sono infatti talmente vaghe ed arbitrarie che ci si può far rientrare praticamente chiunque. Basta un po’ di “agitazione psicomotoria” (che tra l’altro è molto facile provocare), come nel caso del signor Giuseppe Casu.
Purtroppo, anche sotto questo aspetto la vicenda del signor Giuseppe Casu è stata esemplare. La sua storia non può essere liquidata come il solito caso di “mala sanità”, non è vero! Col signor Casu gli psichiatri si sono comportati come si comportano sempre, come esige la funzione sociale che svolgono. Certo ogni tanto qualcuno, a causa dei loro “trattamenti”, muore, ma è ben difficile che queste morti possano essere documentate e conosciute, di solito passano sotto silenzio.
Tutto ciò è pienamente conforme alla pratica della psichiatria, che ha per lo più una natura disciplinare e di controllo che poco ha a che fare con il concetto medico di “cura”. La funzione che la psichiatria svolge realmente è in buona parte quella di controllare le persone e non quello di “curarle”, e forse è proprio per questo che questa disciplina pseudo-scientifica è sopravvissuta ai suoi tragici insuccessi, ed è ancora attiva oggi.
In conclusione, come comitato sorto a partire dall’esigenza di fare chiarezza e giustizia su questa terribile vicenda, ci proponiamo anche di approfondire alcune delle tematiche politiche e sociali che hanno portato alla fine del signor Giuseppe Casu, quali:
– le politiche “legalitarie” e “securtarie” dei comuni che, in pratica, si traducono in vere e proprie guerre interne condotte per lo più contro fasce marginali della popolazione.
– L’impunità assoluta di cui godono sempre e comunque le “forze dell’ordine”, qualunque siano le brutalità di cui si rendono responsabili.
– Il ruolo della psichiatria come pratica di controllo e non di cura. La barbarie dei ricoveri coatti (TSO) e il loro uso come strumento repressivo interno.
Ci si propone inoltre di creare contatti e collegamenti con altri comitati sorti in tutta Italia in seguito ad altri episodi in qualche modo analoghi, e con organizzazioni antipsichiatriche, allo scopo di solidarizzare con le vittime, scambiare esperienze ed informazioni e possibilmente creare assieme occasioni di controinformazione, di dibattito e di lotta.
Buongiorno Pierrot ignoravo che Vi fosse consentito ti tenere con voi animali.questo è assolutamente geniale.. credo però non sia una regola giusto ?!.. diversamente sarebbe uno zoo ! Ma è un fatto positivo avere con se un gatto.. per la compagnia per quell’incredibile gioia che scatenano le fusa.. sei molto altruista a donare la libertà a Ciccio.. tu sentirai la sua mancanza.. ma anche lui !!!
ti lascio qualche bella citazione sui gatti.. spero tu avrai la possibilità di leggerle : La reale opposizione che si può fare alla maggioranza dei gatti è la loro insopportabile aria di superiorità. (P.G.Wodehouse)
Non c’è alcuna pretesa di simpatia nel gatto. Esso vive solo, assorto, sublime nella sua saggia passività…(A.Lang)
Il problema coi gatti è che hanno esattamente lo stesso sguardo quando osservano una farfalla o un efferato assassino. (Paula Poundstone)
Chi uccide un gatto avrà sette anni di sventura. (Detto siciliano)
Dormire inseme è un eufemismo quando si parla di persone, ma col gatto equivale ad un matrimonio. (Marge Piercy)
Come ogni proprietario di gatti ben sa, nessuno può possedere un gatto. (Ellen Perry Berkeley)
Se i miei gatti non sono felici, io non sono felice. Non perché io mi occupi del loro amore, ma perché so che se satnno lì seduti a cercare dei modi per stare meglio. (Penny Ward Moser)
Il gatto è imprevedibile ed ammaliante come un’orchidea selavaggia. (Stanislao Nievo)
Anche i gatti in soprappeso conoscono per istinto la regola principale: quando siè grassi bisogna assumere pose da magri. (John Weitz)
L’olio di aringa purissimo è per i gatti come un vino pregiato. (Honorè de Balzac)
Il gatto è il più gentile degli scettici. (Jules Lemaitre)
Poiché ognuno di noi ha il dono di una sola vita, perchè non decidere di passarla con un gatto ? (Robert Starns)
Mi dà sempre un brivido quando osservo un gatto che sta osservando qualcosa che io non riesco a vedere. (Eleanor Farjeon)
Un cane è prosa. Un gatto è poema. (Jean Burden)
I gatti sono stati messi al mondo per contraddire il dogma, secondo il quale tutte le cose sarebbero state create per servire l’uomo. (Paul Gray )
Se un pesce è l’incarnazione del movimento dell’acqua, il gatto è la materializzazione dell’aria. (Doris Lessing)
Il gatto è una creatura indipendente, che non si considera prigioniera dell’uomo e stabilisce con lui un rapporto alla pari.(Konrad Lorenz )
La musica e i gatti sono un ottimo rifugio dalle miserie della vita. (Albert Schweitzer )
Non è facile conquistare l’ amicizia di un gatto. Vi concederà la sua amicizia se mostrerete di meritarne l’ onore, ma non sarà mai il vostro schiavo. (Théophile Gautier )
Non è possibile possedere un gatto. Nella migliore delle ipotesi si può essere con loro soci alla pari. (Sir Harry Swanson )
I gatti sono tutti quanti liberi professionisti. ( Sy Fisher )
Uno scrittore senza un gatto è inconcepibile. Certo è una scelta perversa, poiché sarebbe più semplice scrivere con un bufalo nella stanza piuttosto che con un gatto. Si accucciano tra i vostri appunti, mordicchiano le penne e camminano sui tasti della macchina da scrivere. (Barbara Holland )
Un gatto non si compra: è lui che vi possiede. (Tom Poston )
Il rapporto con un gatto prevede una dedizione totale. Non può essere limitato a riempirgli la ciotola di cibo e a pulire la lettiera. (Paul Corey )
Mi era stato detto che l’ addomesticamento con i gatti è molto difficile. Non è vero. Il mio mi ha addomesticato in un paio di giorni. (Bill Dana)
I cani ci insegnano ad amare; i gatti ci insegnano a vivere. (M. Malloy)
Amare un gatto significa apprezzare la natura: essi scelgono chi amare e non dipendono da nessuno. ( Dr. Michael Fox )
Se non volete che il gatto vi cammini addosso mentre dormite, bè , decidete di dormire in piedi! ( G. W. Eskow )
Il gatto più brutto che io abbia mai visto era semplicemente meraviglioso. ( Marilyn Peterson )
L’ idea che hanno i gatti della comodità è assolutamente incomprensibile agli umani. ( Colette )
I gatti sono infinitamente più amichevoli dei cani. Avete mai visto un cartello Attenti al gatto? ( Leonard Grainger )
Un caro saluto, Stella
Caro Pierrot,
anche noi ospiti della Casa di Riposo abbiamo un sacco di storie da raccontare sui gatti e sugli animali.
Molti di noi hanno avuto un gatto o un cane con cui hanno passato un pezzo di vita.
La signora Maggiolina racconta di un cane che attraversava la strada solo con il semaforo verde.
Suor Valeria racconta che da piccola aveva una gattina che si chiamava Fidel Castro che quando doveva partorire andava nell’armadio e faceva dei gattini di mille colori.
Dopo questa gattina è arrivato un cane pastore tedesco che si chiamava Rinti, il quale saltava nel cerchio infuocato perchè era stato addestrato. Un giorno venne il circo e questo cane fece uno spettacolo e finì sul giornale.
La signora Teresa dice che aveva tre gatti che erano andati a casa sua da soli. Questi gatti si chiamavano come tre persone : Stefano, Giulio e Paola.
Prendevano i topi, ma solo se questi erano piccoli.
La signora Giuseppina racconta di un gatto molto intelligente che andava a rubare il formaggio. Lui capiva quando combinava qualcosa e scappava prima di essere sgridato saltando dal balcone. Una volta giù nel cortile guardava in su per vedere il salto che aveva fatto e poi scappava via!
La signora Anna parla dei suoi gatti che mangiavano la minestra che mangiava lei. A volte prendevano i topi e li portavano in casa per farli vedere perchè volevano i complimenti. Lei glieli faceva e loro erano contenti e muovevano la coda.
La signora Nicolina racconta del suo gatto Michele che era bravo e mangiava tutto e andava a dormire sul divano. Qualche volta andava fuori a fare una camminata per poi tornare sempre a casa.
La signora Francesca aveva un passero che si chiamava Ciccio che quando lo si chiamava lui rispondeva ciiiiiiiiu.
La signora Angiolina racconta una filastrocca: il gatto è furbo, sembra addormentato ma tutto vede e tutto attende e prepara il tradimento, aspetta che ci sia nessuno e via un salto che il colpo è fatto. Il gatto è intelligente perchè mangia sempre quando il padrone non c’è.
La signora Rita dice di aver trovato un bel gatto Siamese molto intelligente:quando lei era triste per la perdita del marito, Mirko il gatto le faceva le carezze con la zampa sulla guancia!
La signora Olga aveva una barboncina nera che si chiamava Chicca; quando aveva la bronchite e tossiva molto, Chicca si accucciava sotto la sua finestra come se fosse preoccupata per la sua padrona.
Il signor Antonino ha un gatto che si chiama Cocco di 19 anni che vive a casa sua e mangia le scatolette di tonno. Cocco è un gatto coccolone ma si fa rispettare…ora sarà nel prato e poi andrà dentro per dormire sul letto.
A volte lo guarda e Antonino gli dice: ” Cocco…che vuoi? Stai bene , hai tutto, mangi e bevi, stai bravo!”.
Saluti
Antonino,Olga, Angelo,Celeste, Giovanna,Giuseppina, Ulisse,Carla,Rosanna, Valeria,Suor Anna, Suor Valeria,Giaele, Angiolina, Nicolina, Maggiolina, Irma, Rosa, Lidia, Piero, Teresa, Francesca, Giulia, Maria,Rita,Anna