Continuando a dialogare con il gatto Ciccio, Pierrot prosegue nel racconto della sua infanzia.
“Perche dici: ero un bambino che già si sentiva solo? Ora sei adulto!”
Forse il mio corpo, il mio cervello sono da Adulto caro Cicco, ma nel mio Cuore vive un bambino che è ancora capace di sognare ad occhi aperti, che è ancora capace di volare, anzi credo di essere più Bambino adesso di quando lo ero veramente… Pensa che quando avevo credo cinque o sei anni, ogni volta che passava un’ambulanza mi rattristavo e dicevo: guarda, stanno portando il mio amore all’Ospedale, perché sta male. Tutti ridevano ella tragicità di ciò che invece sentivo sarebbe stato…
“Ti prego, continua, non ho capito bene, ma sento che è qualcosa di orribile, lo vedo nelle tue lacrime amare”.
Ma Ciccio, io non sto piangendo.
“Forse non escono lacrime dai tuoi occhi, ma il tuo cuore sanguina”
Sei incredibile per essere un gatto…
“E allora tu, che sei l’unico che sa parlare con me!”
Torniamo alla mia infanzia. Ormai i miei lavoravano entrambi e io ero quasi sempre da mia nonna. Erano una serie di case con un unico cortile, dove ci ritrovavamo in tanti bambini a giocare. C’era anche un meccanico di bici e quando giocavamo a pallone gli rompevamo sempre i vetri e poi via di corsa. Ma il più terribile era un anziano al terzo piano. Gridava sempre come un forsennato e inveiva verso noi bambini, dicendoci che ci avrebbe bucato il pallone. Ci terrorizzava, ma a me non mi spaventava lui, ma la solitudine che aveva nel suo animo. E quando ne parlavo ai miei compagni o agli adulti, come sempre ridevano e mi prendevano per matto.
“Ma tu lo eri?”
Ciccio, ti ci metti anche tu! Proprio prima hai detto che sono l’unico che sa parlare con te, se lo dicessi per cosa credi che mi prenderebbero…?
“Grazie di questo esempio, ora ti capisco molto bene.”
I mesi e gli anni trascorrevano chiusi in quel cortile, inventavamo sempre qualcosa di nuovo per giocare, ora avventurieri sui tetti, ora con pistole ad’aria compressa a buttar giù soldatini in un forte, ora in una capanna di cartone a fumare le prime sigarette che riuscivamo a rubare a casa. Ma per tutti era un solo desiderio: uscire da quel portone e vedere fuori, proprio come te qui.
“Ma io non voglio uscire! Io voglio sapere cosa esiste oltre quel muro.”
Caro Ciccio, anche noi, ma per saperlo dovevamo uscire, non avevamo più figure adulte a guidarci, non riconoscevamo più gli adulti, ora eravamo noi, e solo tra noi dovevamo smazzarci tutto.
Cominciammo così ad uscire, prima solo davanti, ma ben presto ne fummo i padroni, ogni angolo della zona era nostra… Nel frattempo io e anche gli altri cominciammo ad andare a scuola, solo al pomeriggio ci potevamo ritrovare e stare insieme. Così mi dividevo tra scuola e gioco, ma intanto osservavo quello che mi circondava, persone comprese e la mia paura e solitudine aumentavano di pari passo. Per attirare l’attenzione ero molto vivace, forse anche troppo, visto che la maestra consigliò a mia Mamma di portarmi da un pediatra perché non ero normale. Invece la diagnosi fu più che normale, ma venni bocciato in prima elementare. A casa presi un sacco di botte e credimi, ero sempre con i lividi addosso.
“Ma avevi fatto qualcosa?”
No, Ciccio, ma a quanto pare era così che per me funzionava tutto…”
(7. Continua…)
Comments 3
Caro Pierrot, ascolto le tue parole come s’ascolta Shakespeare, il racconto intenso e semplice d’una vita. Continua, per favore, appena te ne risale il desiderio.
Grazie
Marco
Caro Ciccio,
quanti bei ricordi ci ha fatto venire alla mente Pierrot, raccontando dei giochi che si facevano una volta nei cortili delle case di città e di campagna.
Il cerchio, la settimana, nascondino, il salto della corda, il pallone, le biglie, i birilli, mosca cieca, i soldatini di piombo e le corse in bicicletta, erano tutti giochi molto divertenti che abbiamo ricordato con piacere ritornando agli anni spensierati della nostra infanzia.
Dicono che quando si diventa anziani si ritorna bambini, Pascoli sosteneva che in ognuno di noi è sempre presente un fanciullino.
Ciccio, riportiamo qui di seguito un breve pezzo tratto dallo scritto il Fanciullino di Giovanni Pascoli, fallo leggere al tuo padrone:
È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia; noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello. Il quale tintinnio segreto noi non udiamo distinto nell’età giovanile forse così come nella più matura, perché in quella occupati a litigare e perorare la causa della nostra vita, meno badiamo a quell’angolo d’anima d’onde esso risuona. E anche, egli, l’invisibile fanciullo, si perita vicino al giovane più che accanto all’uomo fatto e al vecchio, ché più dissimile a sé vede quello che questi. Il giovane in vero di rado e fuggevolmente si trattiene col fanciullo; ché ne sdegna la conversazione, come chi si vergogni d’un passato ancor troppo recente. Ma l’uomo riposato ama parlare con lui e udirne il chiacchiericcio e rispondergli a tono e grave; e l’armonia di quelle voci è assai dolce ad ascoltare, come d’un usignuolo che gorgheggi presso un ruscello che mormora.
Ti piacciono i nostri racconti….. e Pierrot cosa ne pensa?
Saluti, gli ospiti della Casa di Riposo Trisoglio Fiorentina, Antonia,Rosaria
Gina, Francesca,Giuseppina, Rosa, Carlo, Piero,Valeria, Margherita, Caterina,Ulisse,Teresa, Nicolina, Angiolina,Margherita, Giaele, Irma,Suor Anna,Lidia, Olga,Margherita,Giuseppina, Carolina,Rita, Giulia,Nicolina, Teresa, Celeste,Maria.
Ciao Pierrot,
ho letto un vecchio post in cui dicevi che il gatto sarebbe “uscito”; mi son persa qualcosa? è ancora li con te?
bella però questa idea di raccontarti tramite un dialogo con lui. Gli animali danno tanto, io ho un cane e conosco la sensazione bellissima che si prova guardandoli negli occhi.
Continua a sciverere, ti leggerò volentieri.
PS ANCHE IO SONO BUDDISTA,