Pierrot intrattiene il gatto Ciccio con un racconto sui tempi della scuola…
Finalmente ero in prima media. A sentire molti era un traguardo, un qualcosa di cui essere contenti per averlo raggiunto. Invece per me era un qualcosa di faticoso, dovevo stare in mezzo agli altri ma non ero capace di guardarli negli occhi.
Così indossai una maschera per nascondermi. Ero un clown, un buffone, facevo ridere tutti, ero capace di far gioire chiunque, di donare al suo volto il sorriso. Ed era proprio attraverso la dirompente giocosità che nascondevo il mio incubo peggiore.
“Andavi bene a scuola?”
Eh, magari, passavo dalle sette alle otto ore fuori dalla classe, conoscevo meglio i bidelli dei miei insegnanti, e anche la preside la vedevo spesso. Tornavo a casa ogni giorno con sei, sette, cinque note per volta, tolte quelle sul registro, e ogni giorno erano botte da orbi…
“Che significa, che chi te le dava non vedeva.”
Ma cosa dici, è un modo di dire, cioè è quando le prendi senza sapere da dove arrivano e quanti sono a dartele, pur sapendo che è uno solo. Ho preso botte con tutto quello che si può prenderle, pugni, calci, le ho prese con battipanni, cinghie, addirittura vi è stato un periodo in cui il tetto davanti al balcone era un cimitero di oggetti. Infatti, appena tornavo da scuola buttavo sul tetto le cose con cui rischiavo di prenderle. Ricordo anche che quando mio padre arrivava lo facevo impazzire attorno al tavolo della cucina.
“Come attorno al tavolo?”
Avevamo un tavolo rotondo, di quelli apribili, e io ci giravo attorno per non farmi menare, e anche quando lui lo spingeva contro il muro io ci passavo sotto, ma questo lo infuriava ancora di più.
“E ti prendeva”
Sì, eccome se mi prendeva, una volta dovetti raccontare all’insegnante che ero caduto dalle scale, ma erano state le botte.
“E perché non l’hai detto?”
Perché era la mia famiglia, e perché quello sporco ero io, e meritavo tutto quello… Capitava anche che i miei per lavoro stavano fuori, e io dovevo guardare le mie sorelle, e se rompevano qualcosa giocando quando rientravano ero io a prendere le botte…
(20. Continua…)
Comments 2
Caro Ciccio, leggendo i ricordi di Pierrot sono venuti a galla anche dei nostri ricordi legati all’infanzia e alla gioventù. Quante birichinate, marachelle abbiamo combinato e quante botte ci siamo presi!!!
La signora Gina: “ Povero Pierrot, le prendevi sempre tu anche se magari non era colpa tua.!!”
La signora Teresa: “ Pierrot era un po’ birichino, non doveva combinare tutte quello cose.
Le ho prese qualche volta anch’io da mio papà con lo scopin del fuoco sulla schiena e sulle gambe, ero piccola avevo sei-sette anni. Una volta mio papà aveva una gatta bianca ed io per giocare l’ho legata all’abero e la gatta si è fatta male alla gamba. Quando mio papà l’ha scoperto me ne sono prese tante..
Un’altra volta mio papà mi ha picchiata sulle gambe perchè non ho voluto andare in campagna a sfoltire le barbabietole: c’erano gli aerei ed era tempo di guerra ed avevo paura. Poi ho cambiato idea e sono andata.”
La signora Francesca: “Mio papà non mi ha mai picchiato, era bravo come un angelo!
Anch’io ho combinato tante marachelle: una volta le suore per castigo non mi avevano dato la merenda allora io ho visto una porticina un po’ aperta e sono scappata a casa. Un’altra volta invece sono andata a mangiare le ciliege da un albero che non era mio.”
Riccardo: “Mio nonno lavorava nel pastin dove si fanno i dolci e un giorno io lo stavo disturbando mentre lavorava. Lui stava preparando dei torcetti con l’ammoniaca e ad un certo punto mi disse:- Riccardo annusa lì- io ho annusato ed era ammoniaca! Mi sono venuti tutti gli occhi rossi.”
La signora Rita: “Io ero la più vecchia di tutti i miei fratelli, un mattino eravamo tutti e tre a letto con il morbillo. Mio nonno era andato sotto nella stalla e mia mamma era a Messa e noi abbiamo pensato bene di andare a raccogliere dei frutti di bosco in un canalone. Quando mio nonno si è accorto e venuto a cercarci e ci ha riportato a casa. Quando è tornata mia mamma da messa gli ha detto:-Potevi fare a meno di andare a messa e guardare i tuoi figli.”
La signora Anna: “Le prendevo da mia madre, picchiava come picchiare un materasso, e mio papà alle volte doveva fermarla perchè era troppo nervosa. Mio fratello era più piccolo e non lo toccava.”
Il signor Michele: “ NON BISOGNA PICCHIARE I BAMBINI. I miei genitori non mi hanno mai picchiato piuttosto mi mettevano in castigo, seduto su una sedia per qualche ora.”
La signora Angiolina: “Una volta si picchiavano i bambini e mia mamma me le suonava di santa ragione se non stavo brava.”
Saluti, dagli ospiti della Casa di Riposo Trisoglio Fiorentina, Antonia, Rosaria
Gina, Francesca,Giuseppina,,Rosa, Carlo, Piero,Valeria, Ellia,Caterina, Ulisse,Verina, Angiolina, Margherita, Giaele, Irma, SuorAnna, Lidia, Olga, Margherita, Giuseppina, Carolina, Rita,
Giulia,Teresa,Celeste,Maria, Michele, Giovanna.
Io non ho parole………….