Carcere al femminile

Quello che voglio evidenziare con questo mio scritto è cosa proviamo allorché i cancelli del carcere si chiudono alle nostre spalle ed è già un trauma sentire questo stridore di ferro uno dopo l’altro che si fa con la chiusura.
Non voglio entrare nel merito della colpevolezza o dell’innocenza, ognuno di noi ha una storia più o meno tragica alle spalle. Parlo soprattutto per noi donne, non vuole essere uno scritto discriminatorio contro il sesso maschile, è fuori di dubbio che il maschio accetta il carcere con uno spirito diverso; per noi donne, mamme, figlie e anche nonne, la carcerazione è abbandonare tutto, figli, casa, marito; la solitudine che ci assale quando viene spenta la luce è tragica.
Il senso d’impotenza che si prova quando si pensa al figlio o alla figlia che fuori possono trovarsi in difficoltà, il fatto di non poter essere accanto alla figlia che dà alla luce il primo figlio o essere presente quando un figlio si sposa o, peggio ancora, quando i figli sono piccoli non poterci essere il primo giorno di scuola, le superiori, il primo amore, i primi dispiaceri, le delusioni d’amore, non poterli consolare, consigliare…
Ti senti carcerato e nella carcerazione si cerca di dare una parvenza di familiarità alla tua cella cercando di abbellirla con le foto dei tuoi cari, con le lenzuola che ti mandano da casa per sentire che c’è qualcosa di tuo nel freddo della cella così credi di non essere tagliata fuori dalla vita famigliare.
Chi non si rassegna facilmente sono le persone avanti con gli anni poiché dopo aver lavorato per anni come dipendente o in seno alla famiglia, si trovano inattive ed è la cosa più dura da superare, il non potersi occupare della propria casa o dei propri figli è devastante.
Tante volte, quando ci si immerge in una lettura avvincente, si alzano gli occhi convinte di essere a casa o in un posto dove sei libera come in ciò che leggi e invece si fissano le sbarre come se facessero parte di un incubo; o alla mattina quando ci si sveglia sorridendo per un bel sogno si osserva ciò che ci sta attorno e si vorrebbe richiudere gli occhi e riprendere il sogno da dove lo si è interrotto, ma non è possibile, la sola possibilità che hai è cercare di farsi forza sperando che la giornata finisca presto così si torna a dormire, a sognare ed è un altro giorno che ti avvicina alla libertà.
Beh, direte, nessuno ti ha detto di farti mettere in carcere, anch’io ero di quelle persone e dove sono finita?

Liana

Comments 3

  1. ciao….io..penso…….pur..essendo un maschietto….chè..in effetti..in ogni caso..circostanza..piacevole..o dolorosa..bè..voi..donne…e sopratutto..madri…veramente..avete..un qualcosa..di speciale..un dono….non riesco a trovare le parole..mà penso..chè il tuo cuore..e di tutte le donne..madri..nonne..mogli… abbia capito…..io sò..solo..chè la prima parola..detta..in vita..è mamma….e moltissime volte..pure l ultima….alla conclusione della vita…..ti mando..un grande abbraccio..maurizio…..

  2. Mi ha commosso il tuo scritto, sono nella mia stanza, fuori la pioggia ed una luce giallognola e malinconica qui..
    La tua descrizione delle luci, degli odori mi ha fatto per un attimo immaginare la sensazione che provi, davanti agli occhi le immagini dela cella e sulla pelle i brividi, poi ho osservato la mia stanza..
    Io sono qui e tu sei li per mille casi del destino, perchè io sono stata più forte, più fortunata o non mi hanno presa..
    Il confine è labile, inesistente, la vita tortuosa e crudele, quanti “io mai” ho pronunciato, frasi che poi mi hanno fatto piangere lacrime amare..
    Siamo uomini, donne, fallibili, deboli, fragili, con mille segreti e mille difficoltà..Ma c’è sempre un’altra vita dietro l’angolo per tutti, bisogna volerla, cercarla..
    Vorrei sapere se hai dei figli, se hai la possibilità di vederli..Chiaramente se vuoi rispondere..
    Un abbraccio..

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