Trentesima puntata dei dialoghi in cella tra Pierrot e il suo gatto Ciccio.
Perché lei? Lei che pur vive come in un riflesso che non potrò mai raggiungere per non ferirla. L’amore… uno splendido sogno che due occhi e un sorriso hanno saputo riaccendere in me, ma che danno uno strascico di paura e dolore per l’infame passato che io, e solo io ho creato.
“Sono senza parole”
Smettila Ciccio, non prendermi in giro.
“No, dico sul serio, le tue parole sono molto belle, e ho voglia di scoprire nel proseguire da dove arrivano, poiché non le sento costruite, ma sono certo che tu le abbia vissute”
Sai, Ciccio, non ti facevo così acuto, difficilmente ho trovato chi comprendesse ciò che tra le righe si cela, è vero quando scrivo mi riporto indietro a cose già vissute, in modo da poter trascrivere le emozioni di quel momento, ma poi le rendo fantasiose nel proiettare nel futuro ciò che ora sto vivendo come un sogno nella mia interiorità.
“Sapevo che parlando con te, ascoltando ciò che hai vissuto, avrei potuto comprendere meglio alcune cose, e so che c’è ancora molto altro”
Credo proprio di sì, ho ancora tanto da raccontarti di me, anche se oggi spero venga la psicologa o veda quegli occhi splendidi che mi permetteranno il sollievo seppur momentaneo dentro di me, e così ripartire da dove eravamo… Allora torniamo a me. Dopo l’episodio di mio zio, ormai mi ero chiuso completamete in me stesso, quello che sapevo fare era gettarmi allo sbaraglio e creare frastuono intorno a me, per non sentire dentro quello schifo, per poter alzare la testa e trovare il coraggio di guardare in faccia le persone. La scuola proseguiva, tra alti, bassi e totale solitudine, anche nelle feste indossavo ormai maschere di circostanza, ma più di tutto avere vicino sempre una ragazza mi faceva sentire meglio.
“In che senso?”
Avevo paura che qualcuno potesse sapere, aver capito cosa mi era successo. Avevo paura…
(30. Continua…)