Dispiace anche a me, Gio, che non sia potuto venire alle serate organizzate dal nostro laboratorio di teatro. Così mi rimandi la domanda con una domanda.
A me quelle serate piacciono, sia per l’interruzione della monotonia giornaliera del luogo, ma in particolare per il fatto di incontrare delle persone di fuori, persone nuove che non vedi tutti i sette giorni della settimana, e i 30 o 31 del mese, e via dicendo. E’ quel qualcosa di diverso che servirebbe forse più spesso, come ho sempre sostenuto.
Di fatto, lo scopo è quello di far sapere là fuori che all’interno di queste mura non ci sono solo quel tipo di “reclusi” che ormai il cliché ha fatto e continua usare con il concetto di “detenuto”. Non è così, ve lo assicuro.
Sarebbe divertente se ci fosse quel tam tam, il passaparola tra persone, su come e cosa si potrebbe fare per dare una mano a noi, sia tra civili che fanno anche volontariato (i quali ritengo che facciano un gran bel gesto), sia tra aziende, ditte e coop che possono farsi sentire, chiedendosi cosa posso dare loro anche io. Questo con il pensiero che ci si facciano e abbiano meno pregiudizi nei riguardi di quelle persone che hanno avuto e hanno certe problematiche. Ma, cara Gio, è un discorso lunghissimo, troppo lungo per esporlo qui.
Ringrazio per l’interesse, ricambiando l’abbraccio con un sorriso in più.