Capitolo 4

Giungemmo alle soglie di quella che era stata una grande e popolosa città al calare della sera. Lo spettacolo che mostrava a noi desolava il cuore, silenziosa davanti c’era un’immensa distesa di rovine e macerie, vecchi automezzi distrutti si accatastavano qua e là.
Case e grattacieli crollati su se stessi formavano delle piccole colline e un fetore di morte e putrefazione saliva dalle vecchie fognature, nel corso degli anni quelle fognature si erano trasformatein un habita ideale per immonde creature che spadroneggiavano e regnavano indisturbate, le udivamo muoversi nell’oscurità, i loro occhi scintillavano come fiamme dell’inferno.

Guardando quelle rovine tentai con la mia fantasia a dargli vita, a immaginarle piene di vita e di gente che si muove avanti e indietro per ogni lato della città con le loro auto e tutte le loro preoccupazioni. Vedevo le mamme accompagnare i loro bimbi a scuola oppure all’asilo. Tutte insieme recarsi frettolosamente alo loro posto di lavoro, come i soldati fanno per affrettarsi ad approntarsi ai loro posti di combattimento

I racconti e gli scritti che gli anziani tramandavano, parlavano e cantavano di queste storie, dell’antica civiltà perduta, riuscivo anche a vedere gli innamorati passeggiare mano nella mano nei parchio scambiandosi piccole ed innocenti effusioni d’amore all’ombra di un cedro, ed i bambini festosi e gioiosi rincorrersi sul prato del parco correndo dietro d un pallone. Tutto questo purtroppo a guardare questi ruderi sembra quasi che qualcosa di simile lo si possa solo immaginare.

Tornando alla realtà Dario e Isabea erano già intenti a preparere il bivacco per la notte. Isabea aveva già acceso il fuoco e messo su l’acqua a bollire, nel mentre che si facevano questi preparativi si controllavano anche i cavalli per assicurarsi che fossero assicurati bene.
Fatto tutto quello che si doveva fare ci sedemmo introno al fuoco e iniziammo a mangiare quella squisitezza che Isabea aveva preparato, dissi, rivolgendomi a loro: mi rendo conto che siamo davanti al secondo ostacolo del nostro viaggio, abbiamo bisogno però di esaminare non solo la nostra coscienza maanche la nostra volontà, per essere costantemente con il messaggio che abbiamo ricevuto e con il compito che dobbiamo assolvere. E se non lo facessimo le nostre forze si indeboliranno, questo secondo quanto concerne la nostra volontà di proseguire questo viaggio, affinchè il lume della speranza non si spenga. Prima che venisse questa catastrofe che portò la fine con la distruzione totale della civiltà conosciuta ci fu un lungo periodo di sterilità, l’umanità intera aveva scelto di disubbidire alle regole della natura, questa scelta li portò al castigo e l’uomo colmo della sua follia si autodistrusse, è terribile quanto accade.

Invece l’uomo saggio rende la propria vita conforme alle leggi della fisica e della chimica e della biologia perchè sa bene che esse sono fatte per mantenerlo in salute e che ogni abuso comporterebbe la diminuzione delle sue facoltà. I nostri antenati delle tribù dei saggi e degli studiosi ci hanno tramandato la scrittura affinchè conoscessimo il pensiero e l’insegnamento del creato e di tutto ciò si potesse conoscere e lo rispettassimo, perchè la disubbidienza di queste leggi nel campo fisico in particolare sono pericolose quanto a magior ragione lo saranno in campo spirituale.

Distinguiamo infatti le opere morte, che possiamo vedere, mia cara Isabea, con i nostri stessi occhi, da quelle buone. Le prime sono gli sforzi della carne per giustificarsi e poter apparire in qualcosa di valido, che sono motivate dall’orgoglio e dall’egoismo, le seconde mio caro ed eterno amico e fratello sono invece la spontaneità fioritura della vita in noi e nel nostro spirito. Nel mentre ragioniamo su questi antichi insegnamenti, guardo Isabea ed ammiro la sua bellezza innocentee in ogni sua sfaccettatura ella mi appare magnifica, nel mentre la luna la abbraccia e la avvolge con la sua fievole e tenua luce e il mio cuore scoppia in una miriadi di strane e mai conosciute emozioni e sensazioni.”

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