Mi sento così strano, mi sento debole come mai mi era capitato e sento nel cuore quella mancanza che l’amore riempiva.
Sono confuso, ho paura di esprimere gli stati d’animo che vivo, le emozioni che queste mura sanno ampliare fino all’inverosimile. Cerco nel mio passato quello che altre carcerazioni hanno creato in me.
Faccio parte di un silenzio, sono colpevole nei confronti della società, di una famiglia che si è arresa ancor prima di capire e questo mi porta a guardare la mia realtà… Non ci sono figure che rispecchino il senso di fallimento che l’immagine che ho di me riflette in uno specchio fatto di plastica. Parlo solo più attraverso fogli di carta che vivranno in un cassetto che mescola speranze e rassegnazioni.
La condanna che pago non è l’anno che mi rimane da scontare, ma questo silenzio scritto su questi fogli, questa mancanza di un contatto esterno col quale confrontarmi. Vorrei che la mia psicologa non fermasse le sue domande a quello che dovrò fare quando sarò fuori. Vorrei che capisse che il valore di un abbraccio che non arriverà mai può diventare quel trampolino nel vuoto in cui tuffarsi per vivere l’istante di un ricordo.
Comments 4
E’ vero Guglielmo, c’è il domani.. e c’è l’oggi. Quello che sarò, farò “domani” è la somma delle esperienze, pensieri, emozioni che vivo OGGI.
Una giornata è sonno e veglia.. si vivono tutti i giorni attività, pensieri, emozioni, paure, gioie legate a quello che da sempre l’uomo sperimenta nella luce e nel buio.
Non posso non pensare alla novella di Tolstoj “Il destino”, o al film dei fratelli Taviani “San Michele aveva un gallo”, dove una persona carcerata è riuscita a risvegliare forze vitali grazie all’organizzazione di ritmi diurni/notturni, memorie di vita, di emozioni vissute.. rinforzando così non solo i muscoli costretti alla sedentarietà, ma anche l’identità della persona, quell”IO che dovremmo riuscire a nutrire in ogni condizione, tutti i giorni. Ciao Guglielmo, un grandissimo abbraccio stretto stretto che spero tu senta fisicamente. Leda
Ciao Guglielmo. Tutto ciò che possiamo dirti noi da “fuori” temo possa suonarti falso o ingenuo. L’unica cosa che voglio dirti è di non pensare ad un abbraccio che non avrai mai, ma a quelli che avrai. Comumcia pin piano a cercare di cambiare il tuo modo di pensare, comincia a credere che ti meriti qualcosa e a lavorare per ottenerla. Tu sei una Persona, sempre e comunque, e non sarà l’errore che hai commesso a sminuirti; lo stai riparando (nell’unico modo, alle volte grottescamente infantile, che la nostra società conosce). C’è un futuro, soprattutto dentro di te. E’ lì che dobbiamo cercare. un abbraccio.
ciao guglielmo….. può suonar strano ma…anche il silenzio può parlare…un abbraccio è silenzioso….non parla(apparentemente)…eppure è nell’aria,se è vero,lascia molte impronte…..!!!
l'”errore” è semplicemente un qualcosa che se “compreso” può svanire e come la pioggia…lascia spazio ad un bellissimo arcobaleno!!!!io,te…e tante altre persone(tutti) dobbiamo credere in questo!…è dentro di noi!!!
ti lascio con una canzone che sto ascoltando questa sera…..http://www.youtube.com/watch?v=KVvO4mPoZiA&feature=related
a presto!!!
a volte il silenzio e il modo piu pietoso per non dare delle verita’ troppo pesanti da indossare a chi sta dentro
a volte quel che sembra un’arrendersi senza capire e solo rassegnazione all’ennesimo dolore di chi sa che non ne potra piu assorbirne altri e cosi quello che sembra arresa e solo difesa il silenzio invece diventa il non poter dire
e vado anche a spiegarti cosa intendo dire
tu un figlio un padre un marito siete dentro ad’espiare una colpa commessa fuori retorica della parola rieducazione a parte siete li comunque perche avete commesso un reato che corrisponde ad’ un numero di mesi anni di privazione di vita sia giusto o meno questo e discussione a parte
ma una madre o una figlia che deve entrare nel mondo orrendo della giustizia fatta di catene fatta di domandine per poter baciare un figlio fatta di perquisizioni per abbracciare un figlio fatta di paura se senti squillare il telefono fatta di senso d’abbandono nel lasciare il proprio figlio dentro e non poterlo portare a casa per proteggerlo
mi fermo perche la lista diventa lunga che porterebbe parole di quando e del perche ci si trova in queste situazioni in questi dolori
allora mi domando forse e meglio che queste parole restino silenziose sui fogli in un cassetto o buttati anche in un blog ma non messi sulle spalle di chi sta comunque spiando le sue colpe dentro sperando con un senso di rassegnazione che tu chiami forse resa che sia l’ultima che sia la volta buona che sia il punto di resa della lotta che fate alla vita invece di viverla col cervello collegato al cuore
si insomma forse queste parole avrei dovuto dirle a chi crede che forse anche la sua famiglia si e a rresa senza capire
caro guglielmo bisognerebbe saper andare oltre le parole dette e oltre i silenzi che urlano parole che fanno male al cuore di chi dovrebbe ulrarle oltre che a chi dovrebbe udirle
un sqaluto e eprsona le parole che forse non erano destinate proprio a te