Riflessione.

Ho sentito dire che Dostoevskij diceva che la civiltà di un popolo o società si vedeva dalle carceri o luoghi di sofferenza. Io oggi posso dire che non è così: come si fa a misurare una società con qualcosa che si cerca di nascondere con alte mura, portoni e cancelli. Dove il pensiero viene quasi punito e la parola viene rapportata. Volti deformati e con loro l’anima di chi in quel momento li occupa.

Misurarla con un luogo dove parlare è oltraggio, urlare è bestemmia e l’uomo castrato?

Troppe frasi fatte, che non si ha il coraggio di cambiare, sulla bocca di uomini ombra senza coraggio, forza o amore; per cercare nuove strade, parole, pensieri che possano realmente dare un senso al momento che viviamo, al cambiamento: già arresi prima di cominciare, forti solo a bloccare, ripetere e denunciare chi con coraggio urla la democrazia arma diventata rabbia. Coloro che così facendo si arricchiscono, puniscono, castrano.

La civiltà di un popolo con la p maiuscola si misura dai loro governanti, da coloro che applicano le leggi, dagli insegnanti che con il loro operato forgiano il carattere dei giovani: futuri governanti, legislatori, insegnanti. Le carceri non sono lo specchio di una società, ma la pattumiera, il posto dove la violenza genera violenza, dove il più forte sottomette il più debole, il più ricco sottomette il più povero e compra il più forte e se, se Dostoevskij intendeva questo come specchio della società chiedo scusa e  mi inchino a lui che ha previsto lo sfacelo dell’uomo verso i popoli fratelli, i più deboli, coloro che sì hanno sbagliato ma per questo non meritano tanta cattiveria, indifferenza, disumanità.

Non ricordo chi, ma in tempi più recenti credo disse (e se nessuno lo ha detto lo dico io):

curatevi tutti dei carceri e ospedali; tutti possono sbagliare o ammalarsi e se un giorno, non lo auguro a nessuno, capitasse di sapere un vostro caro  in questi:  non disperatevi e non cercate di correre ai ripari poiché quando torneranno a casa vedrete i loro volti deformati e con questo l’anima poiché il volto sì che è lo specchio dell’anima. Un volto che sarà disprezzo per chiunque si sia girato dall’altra parte.

Comments 2

  1. “Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni.” è la frase che Dostoevskij scrisse in Delitto e Castigo nel 1866. Lui stesso passò alcuni anni in prigione (tra il 1849 e il 1854): lo Zar lo condannò a morte e poi lo fece graziare quando era già sul patibolo per danneggiarlo psicologicamente e purtroppo, come è facile immaginare, ci riuscì benissimo. Come suggerisci nella tua riflessione, Dostoevskij voleva dire proprio questo: più una società è incivile con i suoi prigionieri più è incivile tutta quella società nel suo insieme.
    Condivido questo pensiero. Una forma di punizione è necessaria per mantenere un ordine sociale, ma deve essere adeguata, ben commisurata rispetto all’errore commesso, uguale per tutti e soprattutto deve avere come primo obiettivo di poter rimettere in libertà una persona che avrà le capacità e i mezzi per vivere meglio insieme agli altri membri della società stessa. Esattamente come un ospedale dovrebbe avere come obiettivo di rimettere fuori una persona sana che sta bene.
    Sia le prigioni, sia gli ospedali spesso hanno interessi e obiettivi ben diversi… purtroppo.

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    Ciao Giorgio, sono una delle ragazze del teatro svoltosi dal 25/11/2014 al 28/11/2014, mi ha fatto piacere condividere questa esperienza con voi, siete delle persone stupende.

    E’ stato brutto lasciarci cosi’.

    Ringrazio tutti per tutto, per la vostra sincerita’, disponibilita’ e anche per le rose.

    Ma ringrazio soprattutto te per la magnifica lettera che ci hai dedicato.

    Spero di ricevere una risposta.

    Alexandra

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