Dopo una vita fatta di niente, costruendo solo problemi e anni di detenzione, ero arrivato ad un equilibrio.
Quest’equilibrio mi ha portato un buon lavoro, dopo qualche mese ho conosciuto la mia attuale compagna, ci siamo presi da subito. Dopo alcuni mesi siamo andati a vivere insieme, tra il suo e il mio lavoro, vivevamo spensierati, ci siamo cambiati due volte l’auto e io dopo quasi un anno ho cambiato anche il mezzo di lavoro, abbiamo cambiato anche casa, prendendone una con una camera in più, tutto per far sì che il nostro sogno portasse dei frutti!
Ero convinto di aver voltato pagina, di avercela fatta, adesso capisco cosa vuol dire dormire sereni.
Ma un “bel” giorno si è presentato un amico, lo stesso che mi aveva aiutato a trovare lavoro, mi ha chiesto un “favore” ed io stupido l’ho fatta facile, gli ho tenuto un borsone in un garage che aveva affittato (in nero), sapevo benissimo il contenuto e le conseguenze che potevano venire, ma la stupidità non ha età, l’ho tenuto finché è tornato dalle ferie.
Il giorno in cui è tornato mi ha detto che toglieva tutto, ed io sono andato ad aprirgli, perché di fronte c’era sempre un signore e non volevo far insospettire.
All’apertura della saracinesca ci sono piombati addosso 6 auto della polizia, ero vestito da lavoro, mi sono sentito morire, ho rivissuto quell’anno come se fosse stato un bellissimo sogno, l’ho visto svanire, ho visto le conseguenze, in un attimo ho vissuto l’incubo. Si sono riaperte quelle maledette porte del carcere, solita prassi, schedature e visite mediche, anche analisi ma quest’ultime a discrezione del detenuto, io le ho fatte. Dopo 6 giorni di incubo, vengo chiamato in infermeria. Il mio stato mentale era molto pessimo, entro in infermeria e mi viene comunicato con un po’ di leggerezza che sono affetto da un’infezione molto brutta e incurabile.
Sono cascato per terra, ho assaporato la morte, ho rivissuto di tutto, non mi davo pace.
Dopo due giorni passati seduto in bagno in lacrime, mi hanno cominciato a chiamare psicologi e anche il cappellano, che mi conosceva già.