“La pena e la salute in ambito legislativo”: l’intervento di Fausto e Filippo al convegno “Il lato positivo”

Fabrizio presenta il suo intervento al convegno "Il lato positivo" del 24 novembre 2016

Torino, 24 novembre 2016

Con il nostro intervento oggi vorremmo fare luce su quegli aspetti legislativi che regolano lo stato di salute della persona detenuta. Nello specifico oggi vorremmo parlare e discutere con voi della nostra realtà “positiva”, del nostro essere al contempo persone detenute e persone sieropositive, con annesse le insormontabili difficoltà a livello psicologico e relazionale che si presentano dal primo giorno della nostra detenzione. Raccontandovi cosa significa per noi essere affetti da una malattia infettiva in carcere, posto che il diritto alla salute rientra tra quelli inviolabili sanciti dalla costituzione, vorremmo provare a trovare quel punto di incontro complesso e delicato che si situa tra il diritto alla salute della persona detenuta e il diritto-dovere dello Stato a garantire l’espiazione della pena.

Vorremmo partire, riportandovi il testo di legge e la ratio in base alla quale venne creato, offrendovi dei dati ufficiali rispetto al numero di persone detenute affette da Hiv in carcere, consapevoli che alcuni studi sono datati e altri non prendono in considerazione tutti gli istituti penitenziari italiani.
Uno studio del 2015 riporta che su una popolazione di 15,000 persone detenute in sei regioni (Liguria, Lazio, Toscana, Umbria, Veneto e Campania) l’infezione da HIV interessa il 2% .
Gli studiosi sanno anche che il numero reale è ben più alto ma in carcere non è possibile poterlo rilevare, in quanto dipende esclusivamente da chi si sottopone volontariamente agli esami specifici. La persona infatti quando fa il suo ingresso nel penitenziario può rifiutarsi di sottoporsi a tali esami ematici.
Oggi sappiamo bene che la nostra malattia da un punto di vista fisico ed organico è controllabile e monitorata attraverso l’utilizzo di terapie antiretrovirali, oggi non viviamo più con l’angoscia di una possibile morte ma a causa dello stato oggettivo di “malattia” possiamo però sviluppare più frequentemente rispetto alla popolazione non affetta da HIV delle patologie correlate allo stato debole di immunodeficienza. E questo è un problema correlato al nostro stato detentivo.

Filippo presenta il suo intervento al convegno "Il Lato Positivo", 24 novembre 2016, TorinoInfatti come precedentemente accennato vorremmo citare un testo di legge per entrare nel vivo della questione e dato che tra il pubblico ci sono molti studenti, mi scuso da subito per la possibile difficoltà di comprensione ma è doveroso per noi accennare la teoria che muove e decide il nostro futuro, e al contempo mi scuso con chi di queste leggi ne fa un lavoro e quindi il mio esposto potrebbe apparire semplicistico, ma il mio tentativo mira a una fluida e leggera comunicazione snellendo i tecnicismi burocratici e invitando gli esperti a seguirne la strada.Quindi in base all’articolo 146 e 147 del codice penale, ai detenuti può essere sospesa la pena obbligatoriamente o facoltativamente, per intenderci abbiamo la possibilità di non stare in carcere seguendo un percorso alternativo, quando:

  1. sia presente aids conclamato
  2. o altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le condizioni di salute risultano incompatibili con uno stato di detenzione.

L’incompatibilità si verifica quando una persona si trova in una fase di malattia così avanzata da non rispondere più ai trattamenti possibili e alle terapie curative.
E qui sorge la nostra prima domanda:

Perchè dobbiamo trovarci necessariamente in una fase così avanzata della malattia e non rispondere più ai trattamenti disponibili per poter usufruire di cure adeguate? E sopratutto quali sono i limiti dell’umana tollerabilità rispetto alla sofferenza?

Inoltre secondo alcuni autori, la ratio del provvedimento sopra citato, “va riferita non solo alle condizioni del singolo, ma sopratutto alla necessità di impedire un possibile contagio all’interno degli istituti”, che di per sè è la prima preoccupazione di una persona affetta da sieropositività di cui ne approfondirà Davide il valore e lo stress psicofisico ad esso collegato. Ma su questa possibilità di contagio avremmo un altra domanda o almeno se è possibile un chiarimento sulla nuova normativa proposta dall’ASL che prevede la trasformazione di questa sezione in un presidio medico – che come idea sembra positiva, ma provoca l’inserimento di più persone all’interno della stessa sezione, quindi ci domandiamo:

Le celle doppie e la condivisione dei bagni non rischierebbero un più facile contagio?

Infine e con questo punto termino i tecnicismi chiarisco che la grave deficienza immunitaria presupposto per la sospensione della pena è determinata dalla possibile presenza di uno dei due criteri che seguono:

  1. numero di linfociti inferiori a 200, sul quale non entro nel dettaglio per semplicità
  2. e indice di Karnofsky inferiore a 50.

Tale punteggio viene dato dal medico seguendo una scala valoriale che va da 0 a 100 e che si basa, in teoria, sull’avere delle cure adeguate, sulla capacità di far fronte ai propri bisogni in termini di mobilità e sulla presenza di ulteriori patologie correlate all’HIV come enfisema, cirrosi epatica, neuropatia grave, mielite e non continuo perchè l’elenco sarebbe lunghissimo ma che sono causate dal nostro stato debole di immunodeficienza.

E quindi come vengono valutati questi criteri alla luce della sospensione della pena? Dove finisce la discrezionalità del giudice e dove inizia quella del medico? E ancora, appurato che l’ambiente carcerario, caratterizzato da una forte promiscuità e da carenze mediche e sanitarie costituisce un forte fattore di rischio e di malessere per la persona sieropositiva quali potrebbero essere le soluzioni per una possibile pena alternativa alla detenzione?

Siamo consci che vivere in Prometeo, in una sezione a custodia attenuata è sicuramente un fattore di protezione perchè vi è un’attenzione verso l’altro e un’accettazione migliore della malattia rispetto ad altre sezioni. Nell’ottica secondo la quale il concetto di salute è :

  • capacità di far fronte e di risolvere i problemi;
  • capacità di gestirne le emozioni per poter mantenere o ristabilire un’idea positiva di sè intesa come benessere fisico e psicologico.

Ci chiediamo quali sono i fattori determinanti della salute? Quando e quanto l’ambiente detentivo diventa un fattore di rischio o di compromissione del nostro stato di salute? Quali sono le condizioni e i requisiti necessari per poterci appellare all’articolo 146 o 147 del codice penale?

Fausto e Filippo

 

 

Comments 2

  1. Innanzi tutto complimenti per il Convegno, in particolare questo intervento che coglie un punto molto importante: la pena ha davvero uno scopo rieducativo, come sostengono i nostri testi di legge? Come può essere messa prima la sicurezza rispetto salute, in nome della “rieducazione”?
    Soprattutto finche continuiamo a chiamarla “pena”, crediamo davvero che ci sia della rieducazione e non solo mera punizione?
    Questo carattere punitivo personalmente continua a non piacermi, credo ci siano tante strade extra carcerarie per scontare una sanzione (continuo a preferire questo termine) mantenendo la dignità umana.
    Il cambiamento deve avvenire in ognuno di noi, grazie alla forza di Filippo, grazie a queste parole che ti scuotano dentro, grazie per spingerci a riflettere
    Un abbraccio a tutti questi ragazzi.

  2. Anche io non preferisco il termine pena, e credo che ci siano delle strade per scontare la propria sanzione in modo alternativo, però allo stesso tempo la tua domanda mi ha fatto molto riflettere. Come può essere messa prima la sicurezza rispetto salute, in nome della “rieducazione”? si è vero, è assurdo, però ricordiamoci che queste persone commettono reati e questi reati ledono la salute di altre persone che se ne stanno per fatti loro, quindi boh è difficile da dire forse bisognerebbe provare a rispettare entrambi, sicurezza che significa salute di altri, e salute che significa salute del detenuto ma anche salute di altri. Bisognerebbe iniziare a non far pendere più l’ago della bilancia solo da una parte… non so.
    comunque grazie per questo intervento filippo, e grazie per lo spunto di riflessione anche a Mag!!!

    continuate così che insieme ragionando, parlando e confrontandosi arriveremo a una sintesi e saremo noi a risolvere a alcuni problemi, noi i giovani d’oggi i lavoratori del futuro 🙂 🙂

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