Albert racconta la sua esperienza come detenuto del carcere di Torino presso la sezione del Polo Universitario

Confine di un numero

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Mi chiamo Albert, da un po’ di tempo sono ristretto presso la Casa Circondariale di Torino “Lorusso e Cutugno”, dove frequento l’università. Sfortunatamente una volta entrati in carcere si viene immatricolati con un numero che per tutta la nostra carcerazione ci porteremo appresso: in poche parole siamo un numero, non ce l’abbiamo tatuato come gli ebrei nella Germania nazista, ma esiste nei documenti d’immatricolazione.

Il mio confine reale è stato il passare oltre quella porta dell’Istituto verso la libertà. Al momento ero tanto felice da non dar peso al fatto che invece noi “reclusi” per la maggior parte del tempo siamo degli oggetti, nel senso che siamo cose invisibili. Dal momento in cui ero in sezione e mi hanno chiamato per uscire dovevo essere pronto ed essere accompagnato da un assistente, perché anche se stai per uscire fuori non ci puoi andare da solo e devi essere accompagnato, ma allo stesso tempo mentre percorrevo il tragitto per l’esterno, parlando del più e del meno con l’assistente, mi sentivo già un uomo libero. Arrivato all’ufficio matricola, sbrigate tutte le faccende (ritiro soldi e oggetti personali), le ultime parole che ho sentito da un agente a un suo collega sono state le seguenti: “Mi scarichi questo?”. A quel punto dissi tra me e me: “Che cosa siamo noi?”, però essendo colmo di felicità ho continuato la mia strada senza dargli importanza.

Una volta uscito fuori mi sentivo come dieci anni fa. Finalmente da libero mi sono subito recato in centro a Torino, anche se è una città che non conosco ho cercato di ambientarmi girando per il centro nei negozi, entrando nei bar. Vedevo tutto nuovo, e tra le cose cambiate notavo che le persone sono come degli “zombi”: non ti guardano negli occhi ma al contrario gli occhi non si staccano mai dai loro smartphone.

Trascorsi due giorni di permesso premio tra divertimenti e giri, dovendo rientrare in carcere mi sentivo moralmente giù, perché quando ti abitui con la libertà è difficile tornare in carcere, perché da essere umano come tutti gli altri, tornare ad essere un oggetto nelle mani di altri esseri umani mi sta un po’ stretto, ma se tutto andrà per il verso giusto tra un paio di anni sarò completamente uomo libero.

Rientro in carcere alle ore 10.00 del mattino, fin lì alla porta centrale niente, tanto che come una persona normale consegno i documenti. Facendo rientro mi chiedono se ho degli oggetti personali, io gli elenco le mie cose. Poi una volta passata la porta centrale ho la sensazione che vi sia un cartello con scritto “BENVENUTI ALL’INFERNO”, perché semplicemente non ti senti più un essere umano, ma una specie di animale che viene perquisito, spogliato nudo devi fare delle flessioni. In poche parole sei un oggetto nelle mani di umani, tu non ti senti più parte della specie, ti viene una forma di disgusto nell’essere riconosciuto come tale, sentendo l’assistente che dice: “Un rientro”. E da lì torni a essere numero.

Questo per me è il confine tra un essere umano e un numero.

Albert

Comments 3

  1. Ciao Albert, come stai? Sei uscito ancora dopo questo momento? Credo che quello che vivi sia veramente deumanizzante, però posso dirti che qui fuori non sarà così, non sarai un numero, questa momento é solo una parentesi della tua vita, almeno me lo auguro x te, e per quanto difficile possa essere mi viene da dire non ti curar di loro ma guarda e passa… Tu uscirai di lì mentre quelli che ti trattano come un numero non usciranno mai, il carcere ce lo hanno dentro, paradossalmente lo hanno scelto, é il loro lavoro, tu puoi liberarti ancora… Spero che ci riuscirai, anche se non ti conosco, credo che se lo vorrai potrai riuscirci.

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      Ciao Ho letto il tuo commento che hai fatto per il mio articolo, e ti ringrazio per i pensieri che hai, almeno ci sono delle persone che ci consideravano esseri umani e non soltanto numeri o cartelle da archiviare, Comunque sto uscendo tutti i mesi e mi sto ambientando anche con la vita normale, e con la città di torino, Ciao

      Albert

  2. Ciao Albert,
    La libertà è un lusso.
    Tu sei un uomo libero e lo sarai sempre finché avrai un tuo pensiero, sei un uomo libero perché hai la possibilità di ricercare questa tanto attesa libertà.
    Sei un uomo libero perché non sei invisibile, io stessa sto percependo i tuoi sentimenti.
    Sei un uomo libero perché hai ancora un nome, non solo un numero…quello è irrilevante.
    La sicurezza che vorrei lasciarti è quella di poter trovare un cartello con scritto “BENVENUTO NELLA LIBERTÀ”, ma la verità, è che tu sei già libero.

    Grazie

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