La scorsa settimana, qui al Polo Universitario del carcere di Torino, abbiamo avuto il piacere di accogliere una classe di ragazze di un istituto professionale, potendoci così confrontare su alcuni temi che riguardano la vita sociale di noi “chiusi dentro”, le aspirazioni e più nello specifico la parte inerente le misure legate al reinserimento.
Mi viene da dire che sono stati toccati dei temi importanti ma, a causa del tempo e delle condizioni generali, in maniera un po’ superficiale. Quello che le giovani studentesse trapelavano dai loro visi era molto di più di quanto in sostanza si è detto, nel senso che ho avuto la sensazione che avrebbero desiderato chiedere di più.
Cosa che mi ha fatto molto piacere è stato vedere persone che – chi in un modo chi in un altro – avevano una dirompente voglia di comunicare, sia a parole che nel modo di porsi, di vestire, di pettinarsi, chi era più “audace” al contrario di chi cercava di stare un po’ più nell’ombra. Insomma, una bella e variegata immagine di pura, e nello stesso tempo ancora acerba, libertà di espressione.
Care ragazze, ad oggi state cavalcando l’onda della giovinezza, dove quasi tutto è bianco o è nero, con pochi compromessi. Cercate di essere sempre costruttive in quello che fate, incanalando, quando c’è, la rabbia in energia spendibile per progetti positivi. Siete quello che io chiamo “la meglio gioventù”.
Michele