Il discorso di Andrea del Polo Universitario all’inaugurazione dell’Anno Accademico

Il 28 novembre si è inaugurato il nuovo Anno Accademico del Polo Universitario di Torino. Un’inaugurazione importante perché segna il ventennale dell’esperienza formativa che l’ateneo di Torino ha avviato, tra le prime città in Italia.
Se cercate la notizia sui giornali, però, avrete una brutta sorpresa, perché a farla da padrona tra i media non è la funzione educativa che si cerca di condurre in regime di detenzione ma l’ennesima occasione di spettacolarizzazione morbosa. L’occhio della stampa va a scovare il “criminale” VIP, lo studente “dal torbido passato” e lo sbatte sotto gli occhi di tutti.
Nel caso ve ne foste dimenticati.
Noi vogliamo invece a invitarvi a guardare alle persone che stanno dietro ai reati: perché a noi piace pensare che tutti, noi tutti, liberi o reclusi
“Possiamo essere qualcosa di più oltre ai nostri errori”.

La redazione di Dentro e Fuori Blog

Buongiorno a tutti,

mi chiamo Andrea e sono uno studente del Polo Universitario di Torino, e in qualità di portavoce degli studenti del Polo Universitario vorrei fare qualche considerazione relativa a questo progetto:

Innanzitutto comincio col dire che tanti di noi fino a qualche anno fa non avrebbero mai neanche immaginato di trovarsi in un posto così a condurre un percorso di studi universitari, ma gli eventi che hanno influenzato le nostre soggettive esperienze qui ci hanno portato.

E nonostante ognuno di noi abbia aderito al progetto con motivazioni personali e per perseguire obiettivi diversi, siamo tutti d’accordo sul fatto che aver intrapreso questo percorso, col passare degli esami e del tempo, ha determinato una ridefinizione della nostra identità (come sempre avviene in seguito a nuove esperienza) senza dubbio positiva.

Abbiamo constatato che lo studio è un mezzo capace di aprire la mente, e questa affermazione non bisogna sottovalutarla, perché è quasi come trovare una luce, scoprire un mondo nuovo, scoprire se stessi, e avere la possibilità di rimettersi al pari con tutto ciò che per noi era estraneo, e pertanto inarrivabile.

Proprio su questo punto vorremmo richiamare la vostra attenzione perché è soprattutto lo studio, secondo noi, uno dei migliori rimedi per abbattere gran parte dei problemi inerenti al carcere. Quali la recidiva e l’arduo reinserimento che spesso neanche avviene.

È indubbio che il lavoro sia importante e fondamentale, ma la consapevolezza che si raggiunge con un percorso interpersonale come questo ti rende più forte, metodico, razionale e quindi capace di accettare le sfide della vita, senza cercare facili soluzioni come nel passato, con le famose scorciatoie, che hanno solo danneggiato noi e i nostri cari.

Purtroppo gran parte delle persone recluse negli istituti italiani non ha avuto la possibilità di studiare a tempo debito, spesso per via dei grandi problemi che affliggono determinati contesti sociali, proprio quei contesti da cui deriva gran parte della delinquenza e della criminalità, e in molti casi non ce l’ha tuttora.

Quindi per noi questa opportunità è l’equivalente di una seconda possibilità, e non capita spesso nella vita di avere una seconda possibilità, che se colta nel modo giusto è in grado di avere effetti determinanti sul futuro delle persone coinvolte.

Pur essendoci notevoli differenza di età tra noi, questo percorso è in ogni modo utile a tutti, perché ci permette non solo di acculturarci e acquisire un titolo di studio, ma anche di maturare e crescere oltre a essere un ottimo modo per trascorrere il tempo in modo costruttivo e appagante, in un luogo ove occupare il tempo è il problema di tutti i giorni.

Inoltre, cosa di fondamentale importanza è l’essere allocati in un contesto in cui tutte le persone seguono un percorso di studi, condizione che permette di uscire dalle dinamiche delle sezioni “normali”, evitando quella che i sociologi chiamano “prigionizzazione” (ovvero il rafforzamento dell’identità criminale).

Infine quello che ci sentiamo di dire riguardo gli effetti di questo progetto è che questa esperienza non lascerà molto solo a noi, ma la consapevolezza acquisita sarà un mezzo in più per condizionare in modo positivo tante altre vite, ovvero quelle che incontreremo sul nostro cammino.

Proprio per questo ci teniamo a ringraziare colore che 20 anni fa hanno reso possibile la creazione di questa realtà, istituendo la convenzione tra università e carcere, i quali senza saperlo hanno realizzato uno degli strumenti più funzionali al reinserimento e al recupero del detenuto, ben più di tanti provvedimenti varati dalle varie istituzioni politiche nel tempo.

Tutto ciò conferma la statistica, che spesso viene trascurata, infatti la percentuale di recidiva dei detenuti che hanno frequentato studi universitari all’interno del carcere, o studi in generale, è nettamente inferiore di quella riguardante tutti gli altri casi, ed è su questo che crediamo si debba lavorare: promuovere l’istruzione, con ancora maggiore intensità sui giovani, spesso alle prime esperienze detentive. Senza voler essere discriminatorio, ma è palese che i giovani siano quelli che hanno più possibilità di redimersi e riprogrammare il proprio futuro – e ve lo dice una persona che grazie al percorso istruttivo ripreso e seguito in carcere ha maturato dei cambiamenti inaspettati, pure da me stesso. Certo, anche altri elementi hanno contribuito ma il fattore determinante è stato senza dubbio lo studio.

Detto ciò, siamo consapevoli che quanto è stato fatto negli ultimi decenni sia una grande innovazione nell’istituzione carcere, ma ad oggi ci e vi chiediamo: con queste società in continua e rapida evoluzione, quali sono le idee per innovare il domani?

Noi da parte nostra saremo lieti di far sentire la nostra voce, come risorsa positiva, di metterci in gioco, con una più stretta cooperazione con la direzione e le specifiche persone che prendono decisioni sui cambiamenti da attuare riguardanti questa realtà, definendo incontri periodici dai quali possa scaturire un confronto costruttivo. D’altro canto, l’esperienza la viviamo noi, sulla nostra pelle, e quindi chi meglio di noi può dare un contributo utile al fine di migliorare questa realtà in continua evoluzione?

Nonostante sappiamo tutti che Torino è stato l’istituto innovativo per eccellenza venti anni fa, a oggi, oggettivamente, riscontriamo una scarsa evoluzione in quello che dovrebbe essere un lato dei più curati per il fine ultimo dell’istituzione carceraria, denotando ancora come uniche facoltà possibili Scienze politiche e Giurisprudenza, le quali sono sì utili ma per noi spendibili nel mondo del lavoro, soprattutto per via dei molti vincoli che ci vengono posti dalla legge.

Per questo sarebbe vantaggioso avere la possibilità di seguire anche altri corsi di studio più spendibili, come ad esempio Economia, o Lingue, vista la loro attualità nelle società odierne; ci piacerebbe poi che fosse finalmente una realtà il fruire di un collegamento con l’Intranet dell’Università, al fine di essere più autonomi e al passo con gli studenti, considerando anche il ristretto numero di lezioni che per vari motivi ci vengono concesse.

Oltre ciò sarebbe interessante anche avere la possibilità di trasmettere la nostra esperienza con la creazione di progetti finalizzati al far conoscere questa realtà, incentivando altri detenuti a intraprendere percorsi di studi, portando loro la nostra testimonianza all’interno dell’istituto stesso, o anche in altri, siccome sappiamo quali tasti toccare in relazione alle nostre esperienze – io dal canto mio posso raccontare che, se non fosse stato per un incontro fortuito al teatro con uno studente del Polo, il quale durante una conversazione, vista la mia giovane età e le poche informazioni che ci scambiammo, mi informò vivamente di fare richiesta per proseguire gli studi qui al Polo, oggi non sarei qui e non avrei fatto gli ulteriori passi avanti che invece ho fatto.

Comunque noi siamo disposti e fieri di metterci in gioco in questo senso e siamo fiduciosi che queste parole non saranno vane.

Queste ovviamente non sono critiche rivolte a nessuno, ma semplice spirito di iniziativa, sono idee che noi abbiamo e delle quali avremmo il piacere che in futuro se ne possa discutere.

Inoltre, nell’esprimere il nostro apprezzamento per quello che è il rapporto odierno tra due istituzioni così distanti come il carcere e l’università, riponiamo la speranza nel fatto che vengano sempre meno le barriere che ci dividono da chi vive di stereotipi e pregiudizi.

E questo potrebbe divenire possibile, con la creazione di borse lavoro che ci inseriscano all’interno del contesto universitario con qualsiasi tipo di mansione, compensando così lavoro e studio, come previsto tra l’altro dal nuovissimo articolo 20 ter dell’ordinamento penitenziario, e permettendo alla società di vedere il risultato di un buon percorso di reinserimento e recupero della persona, ma soprattutto di conoscerci.

Concludo ringraziando tutti coloro che rendono possibile ancora oggi questa realtà, con particolare riguardo alla sig.ra Angelica Musy e alla sua fondazione, che s’impegna costantemente per fare in modo che il nostro pieno recupero avvenga, raccogliendo fondi per finanziare borse lavoro a noi destinate e facendoci sentire tutti parte di un unico disegno; all’Ufficio Pio, che finanzia questo progetto; alle persone che nel corso degli anni si sono succedute dando vita a molteplici attività sia didattiche che non, in particolare alla prof.ssa Maria Teresa Picchetto e alla prof.ssa Elana Ocsa, fondatrici di questa realtà; le istituzioni che ancora oggi lo rendono possibile e chi lo sta riproducendo in altri istituti – ma soprattutto, coloro che lo fanno perché credono fermamente che possiamo essere qualcosa di più oltre ai nostri errori.

Grazie.

Andrea

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